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Stasera alle 18, nella chiesa madre di Cavallino, l’arcivescovo Michele Seccia ordinerà presbitero don Gianmarco Sperani.

 

 

Un evento per la Chiesa di Lecce: l’ultimo sacerdote era stato don Antonio De Nanni, consacrato da Seccia il 20 novembre 2021, poco meno di tre anni fa. Portalecce ha intervistato don Gianmarco a poche ore dal grande passo.

31 anni, originario di Cavallino, don Gianmarco dopo la maturità classica ha conseguito la laurea in scienze religiose, poi ha iniziato il cammino formativo nel seminario regionale di Molfetta nel 2017. Avendo concluso, nel febbraio del 2022, il ciclo di studi istituzionale, presso la sede molfettese della Facoltà teologica pugliese, col baccellierato, si è iscritto alla licenza in teologia ecumenico-patristica  presso l’Istituto ecumenico San Nicola di Bari. Conta di concludere a breve la specializzazione.
Il 29 giugno 2022 è stato ammesso dall’arcivescovo Seccia tra i candidati agli ordini del diaconato e del presbiterato. Il 25 ottobre successivo lo stesso pastore gli ha conferito il ministero del lettorato e il 5 marzo 2023, a conclusione della visita pastorale nella sua parrocchia d'origine a Cavallino, gli ha conferito il ministero dell’accolitato.

L'arcivescovo Seccia lo ha ordinato diacono lo scorso 7 settembre in cattedrale. Con grande spirito di servizio, ha vissuto l'anno di diaconato come collaboratore parrocchiale nella comunità Maria SS. Assunta in Trepuzzi.

 

Don Gianmarco, mancano poche ore alla tua ordinazione sacerdotale. Quali pensieri hanno attraversato le tue ultime giornate d'attesa?

Sicuramente tra le tante - troppe! - cose da preparare, cerco di curare la preparazione spirituale. L’Eucaristia e la meditazione quotidiana. La parrocchia matrice di Trepuzzi, poi, ha festeggiato in questi giorni la Madonna dei Miracoli, una festa che ricorda la protezione materna da parte della Vergine Assunta nei confronti dei suoi figli. Ecco, colgo questa occasione e mi lascio accompagnare dalla Madonna, dal suo ‘fiat’ generoso al progetto di Dio. Da lei mi sento amato e protetto. Sono convinto che non ci sia nulla di straordinario da dover fare: basta cogliere le circostanze quotidiane e ciò che si celebra come comunità ecclesiale come occasione di “preparazione” e, sicuramente, di santificazione. Infine, l’affetto delle sorelle e dei fratelli delle comunità di Cavallino e Trepuzzi è un grande dono, e specialmente la preghiera degli ammalati. Venerdì, come ogni primo venerdì del mese li ho visitati, insieme al parroco. La mia migliore preparazione.

 

Sfogliando l'album dei ricordi, quali persone e quali eventi hanno orientato il tuo cammino vocazionale?

Sicuramente don Gino de Filippo e don Giuseppe Baldassarre, che diverse volte ho menzionato, sono stati per me un modello di generosità e di dedizione nel ministero sacerdotale. Ma, ultimamente, la conoscenza approfondita di don Antonio Pellegrino, scomparso di recente, mi ha segnato tantissimo: l’ultima volta che l’ho incontrato gli ho detto che sarei diventato prete dopo pochi giorni e, sebbene stesse molto male, con le poche energie rimaste, mi ha sorriso, mi ha stretto la mano e l’ha sollevata, quasi a voler dire “forza!”. Gli ho baciato più volte la mano e ho ricevuto la benedizione. Preti buoni, santi, convinti.

 

Pensando al tuo futuro ministero, che tipo di prete sarà don Gianmarco? C'è un modello particolare a cui vorrai ispirare il tuo servizio?

Il modello di ogni presbitero è indiscutibilmente Gesù Cristo. La ricerca di altri modelli finisce per diventare una commedia, una specie di replica infelice. Sono convinto che ogni presbitero debba servire il Signore ed essere sé stesso, cercando di conformarsi sempre di più a lui, diventando seme sparso tra le zolle di questo nostro mondo. Chiedo al Signore che mi aiuti a somigliargli sempre di più, perché, sono convinto, noi ministri dobbiamo “scomparire”, perché ogni cosa di noi parli di Lui.

 

Ora stai per diventare prete, che idea ti sei fatta circa la crisi delle vocazioni al sacerdozio?

La crisi è dell’uomo, è della coscienza, è della incapacità di compiere scelte responsabili e durature; di riflesso è una crisi del sacerdozio. Non so quanto convenga cimentarsi nei bilanci: io sono convinto che ognuno debba continuare ad offrire la sua testimonianza di discepolo di Gesù, affidando a lui il futuro. Non possiamo pretendere di poter gestire il futuro, neanche quello della Chiesa; dobbiamo lavorare e consegnare al Padrone della messe. In fin dei conti, è il Signore che guida la Chiesa, essa è sua. La crisi delle vocazioni ci deve far prendere consapevolezza che ognuno si deve decidere sempre di più e sempre meglio a vivere la fede con maggior coerenza e adesione al Vangelo, senza sconti.

 

Nell'omelia della Messa Crismale, l'arcivescovo ti ha invitato ad essere docile come l'agnello e forte come il pastore... Cosa senti di dire al presule alla vigilia dell'ordinazione?

Al vescovo posso solo dire il mio sincero “grazie!” per tutto quello che fatto per la nostra Chiesa di Lecce e per me in questi anni. È lui che mi ammesso, conferito i ministeri, ordinato diacono e ora mi unisce più strettamente al Signore, al presbiterio e, in qualche maniera a lui stesso. Non ha mai mancato di manifestare la sua attenzione e la sua paternità per me e per tutti noi. Mi ha fatto un grande regalo qualche settimana fa, portandomi con sé a Roma, presentandomi al Santo Padre e chiedendo per me una benedizione. Il Papa mi ha detto alcune parole che rimarranno scolpite in me per sempre, tra cui “perdona sempre”. Credo che stia proprio nella capacità del presbitero di offrire a tutti il perdono di Cristo, la possibilità di manifestare il suo volto di Signore di misericordia e, al contempo, un volto di Chiesa che è madre, accoglie, perdona e si fa vicina alle fragilità di ciascuno.

 

 

 

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