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La Risurrezione di Gesù, fatto storico e centro della nostra fede, è il fondamento della nostra speranza cristiana! Se non crediamo in Cristo risorto, non possiamo definirci cristiani e coltivare la speranza.

 

 

 

Una speranza che non delude e non inganna “ma è certa e vera e nemmeno muore” (Michele Seccia arcivescovo metropolita di Lecce, Chi spera in Dio non resta deluso. La forza della speranza, Lettera Pastorale, Collana Adiutor, Lecce novembre 2020, 8).

La parola ‘speranza’ ha la sua radice nel verbo latino ‘sperare’: aspettare. Quando si aspetta qualcosa o qualcuno, è perché si ha la speranza che questo desiderio sarà soddisfatto. L’attesa richiede, però, pazienza, “cioè quella disposizione del cuore che tende a sopportare le situazioni avverse con perseveranza” (L.P., 43); ed è la speranza che la sostiene!

La pandemia mondiale di questo primo ventennio del XXI secolo sta mettendo alla prova la nostra capacità di esercitare la pazienza. Pazienza nei confronti di chi, per la convivenza forzata, è nella nostra immediata prossimità; pazienza nei confronti di noi stessi; pazienza nell’attesa di eventi risolutivi e confortanti in relazione alla pandemia. Ma la pazienza ci insegna anche ad apprezzare gli aspetti positivi che, pur nelle situazioni innaturali e che ci infastidiscono, esistono!

Di fronte ad un futuro incerto, un rimedio c’è: “Avere pazienza, rettitudine di intenzione, e guardare le cose con prospettiva soprannaturale” (San Josemaría EscriváSolco, 853).

È solo la speranza che può darci l’afflato di felicità posto da Dio nel cuore dell’uomo.

Nel momento della sofferenza scopriamo che non possiamo contare solo sulle nostre forze. Interviene allora la speranza a sostenere la fiducia nelle promesse di Cristo: “Nessuno si salva da solo” (Papa Francesco, Roma 27 Marzo 2020).

Ecco che la croce di Cristo cambia il significato del dolore e della sofferenza umana e le storie di solidarietà e di eroismo, delle quali siamo testimoni in questi giorni, ce lo dimostrano.

In questi tempi inediti, abbiamo maturato la consapevolezza che: “La globalizzazione delle relazioni è an­che la globalizzazione della solidarietà” (L.P., 5). Solo la speranza ci può rendere capaci di raggiungere mete incredibili. Delle tre virtù teologali è quella che si dimostra più necessaria in questi giorni.

Questa virtù ci salvaguarda dallo scoraggiamento, ci sostiene in caso di abbandono e ci dilata il cuore nell’attesa della beatitudine eterna. Il suo fervore ci preserva dall’egoismo e ci conduce alla gioia.

“È proprio la speranza che ci insegna a sorridere” (Papa Francesco, Udienza generale 7 dicembre 2016).

Il sorriso vero, però. Manifestazione visibile di una vibrazione spirituale positiva, della pace che ha riempito un cuore capace di amare in maniera pura e profonda, un cuore aperto alla speranza che non delude.

Perché questo avvenga è necessario spesso un cammino faticoso e a volte doloroso, ma grazie alla speranza cristiana “anche il dolore più grande il Signore lo sa trasfor­mare in gioia” (L.P., 6).

 

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