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Si è svolta dal 28 al 31 agosto a Chiavari la 73ª Settimana liturgica nazionale sul tema “‘È bello per noi essere qui. Bellezza e verità del celebrare cristiano”.

 

 

“Coniugare semplicità, bellezza e nobiltà sembra essere una sfida che il nostro tempo è chiamato a raccogliere. Quando celebriamo con tale stile, noi stessi diventiamo semplici, belli, nobili, ossia partecipi di quella dignità che deriva dall’essere toccati dal dono di Dio”, ha scritto il segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, in un messaggio a mons. Claudio Maniago, presidente del Centro azione liturgica (Cal), che ha promosso l’evento insieme con la diocesi di Chiavari. A mons. Claudio Maniago, già vescovo di Castellaneta e oggi arcivescovo di Catanzaro-Squillace, abbiamo chiesto un bilancio della Settimana.

 

Eccellenza com’è andata la Settimana?

Si è realizzato quello che è stato il titolo della nostra Settimana, a partire dalla citazione biblica: “È bello stare qui”. È stato bello essere insieme a Chiavari per il clima che si è creato. Infatti, la Settimana liturgica non è solo un convegno, è un evento, un momento veramente ecclesiale in cui, oltre alla riflessione che è una parte importante di questi giorni, c’è anche il momento celebrativo, che è accurato, coinvolgente. Poi c’è anche il momento di fraternità. Sono elementi che fanno parte della Settimana liturgica e che si sono realizzati armonicamente sia per la bella presenza di aderenti - il trend dopo la pandemia è in ascesa – sia per l’accoglienza, l’organizzazione da parte della diocesi di Chiavari, che davvero è stata esemplare. A questo hanno contribuito il livello dei relatori e la loro capacità di immergersi nella Settimana liturgica - la maggior parte ha vissuto con noi questi giorni – e coloro che sono venuti a celebrare, a partire dal presidente della Cei, il card. Matteo Zuppi, che ha voluto gustare e sottolineato il clima che ha trovato che è ben oltre quello di un semplice convegno. Per noi ritrovarci a riflettere sulle dinamiche della nostra fede, i pilastri della nostra fede, non può che aiutarci e già la Settimana liturgica è un’esperienza di vita cristiana e di fraternità.

 

Cosa è emerso in particolare dalla Settimana?

Il percorso pensato per questa Settimana liturgica è stato interpretato in maniera magistrale dai nostri relatori che si sono integrati in modo ottimo. La prolusione di mons. Bruno Forte, un maestro da sempre in questo campo, ha messo i punti fermi da cui partire. Ha delineato i tratti di una cattedrale che andavamo a costruire. Essendo un tratto della Settimana liturgica l’interdisciplinarità, abbiamo avuto contributi a diversi livelli. Rosanna Virgili ha fatto vedere come nella Bibbia il tema della bellezza-verità sia pregnante, importante, a cominciare dalle prime pagine della Scrittura in cui Dio giudica la creazione bella, buona, frutto di una donazione, e alla luce di questo arrivare a parlare fino alla nostra liturgia come qualcosa di bello perché rende presente l’incontro con il Signore e i fratelli, che diventa una cosa bella, che redime, purifica, che fa vivere con pienezza il progetto di Dio su di noi. Don Vito Mignozzi ha affrontato, da un punto di vista teologico, come la bellezza e la verità stiano nella presenza del Signore nella liturgia. E poi c’è stato l’approccio liturgico con don Loris Della Pietra, il quale ha preso spunto dalla “Desiderio desideravi”, il documento che ci ha guidato nella Settimana, proprio partendo dalle esortazioni che essa contiene e che chiedono una maggiore attenzione al linguaggio simbolico. Noi non possiamo vivere senza un linguaggio simbolico: la liturgia è un laboratorio assolutamente importante, decisivo, per mettere in campo la nostra capacità di un linguaggio simbolico, che deve essere educata. Qui rientra il discorso della formazione, al quale si è agganciato mons. Vittorio Viola spiegando come la formazione non sia semplicemente l’acquisizione di nozioni, ma l’essere educati a una maggiore consapevolezza di quanto la liturgia sia un incontro reale da vivere e di cui poi godere i frutti. Parlare di liturgia significa anche parlare di vari ambiti che non sono collaterali o opzionali perché la liturgia coinvolge tutta la persona, non solo la mente, ma prima ancora il cuore e anche i sensi: quindi è importante anche com’è organizzato lo spazio dove si celebra e di questo si è parlato in una tavola rotonda con l’intervento di un architetto, poi la musica e il canto, che non sono un riempitivo della liturgia, ma una realtà da curare in quanto parte integrante di questo linguaggio simbolico che deve stimolare una partecipazione sempre più attiva. L’ultimo giorno un uomo di Chiesa e di comunicazione, come Padre Enzo Fortunato, ci ha esortato ancora di più a immergerci nella bellezza della liturgia per esserne testimoni.

 

Quali sono i problemi attuali delle nostre liturgie? Il Papa ci mette in guardia dal rischio di un “estetismo rituale”, ma è da evitare anche la sciatteria nelle nostre celebrazioni.

Il nostro celebrare ce lo ha offerto la riforma che scaturisce dal Concilio Vaticano II e nella Settimana si è spesso fatto riferimento al Concilio e alla Costituzione Sacrosanctum Concilium, nel suo 60° anniversario, per non perderne la memoria delle nostre radici. Da questo punto di vista il lavoro da fare è ancora tanto per evitare di cadere nella tentazione da una parte di rinchiudersi in quello che appunto il Papa chiama, nella “Desiderio desideravi”, “estetismo rituale”, quindi chiudersi solo nelle forme senza andare a cercare la realtà dell’esperienza che è profondamente umana e coinvolgente a 360 gradi tutta la persona, ma dall’altra anche di ridurre la liturgia a una semplice cosa da fare, senza una cura dei vari aspetti. Non dimentichiamo che l’atto liturgico è un dono che il Signore ci ha fatto perché la Sua presenza possa continuare a guidare la nostra vita.

 

Per evitare questi rischi cosa è necessario? La formazione di cui parlava prima?

Sì, durante la Settimana la parola che è ritornata molte volte è proprio formazione. Innanzitutto, è una formazione alla liturgia, cioè bisogna evidentemente penetrare in un contesto simbolico come la liturgia, bisogna essere iniziati, bisogna conoscerne i linguaggi e questo è compito dell’iniziazione cristiana. Già ai fanciulli dobbiamo dare non solo i rudimenti della dottrina, della fede, ma anche quelle che sono le dinamiche che porteranno i bambini, i ragazzi, i giovani a entrare in questo dialogo reale con il Signore. Non solo: una formazione alla liturgia non deve essere mai data per scontata anche per gli adulti e per chi celebra da tanto tempo, una formazione che è sempre importante anche in chi è chiamato a presiedere le liturgie come i ministri di culto, vescovi, presbiteri, diaconi. C’è una consapevolezza che va sempre alimentata e resa viva proprio perché non perda la sua freschezza e la sua concreta efficacia. Poi, c’è una formazione dalla liturgia. La liturgia stessa se celebrata in modo opportuno, con quell’attenzione e quella disciplina, che ci richiama a quella dinamica di fedeltà che è propria di ogni atto di amore, ci forma non soltanto alla celebrazione cristiana, ma anche alla vita cristiana, una vita vissuta sempre nella reale presenza del Signore accanto a noi, che non è solo una meta da raggiungere ma una compagnia che cammina con noi.

 

Dove sarà la Settimana liturgica nel 2024?

Il prossimo anno celebreremo la Settimana liturgica nell’arcidiocesi di Modena-Nonantola. Per concludere vorrei sottolineare il fatto che la Settimana liturgica, promossa dal Centro di azione liturgica, è un’esperienza guardata con attenzione e sostenuta sia dalla Santa Sede, tanto che non è mancato il messaggio da parte della Segreteria di Stato, con la benedizione del Santo Padre, sia dalla Chiesa italiana, quest’anno presente attraverso il suo presidente, il card. Matteo Zuppi.

 

 

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