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“Dobbiamo rinnovare la Chiesa mentre è in cammino. Non possiamo fermarci a pensare come fare tutto giusto e poi agire. Dobbiamo agire e basta e, attraverso questo agire, ci rinnoviamo perché stiamo viaggiando con Dio. Questo viaggio è profondamente relazionale e questo è il cuore stesso della Chiesa”.

 

 

Con queste parole il primate anglicano Justin Welby ha concluso la Lambeth conference, che ha riunito, tra Canterbury e Londra, dal 26 luglio, oltre 650 vescovi anglicani in rappresentanza di oltre 85 milioni di fedeli e mille delegati provenienti da 165 Paesi.

Il nostro lavoro continuerà nei prossimi due anni con nuove opportunità di imparare e riunirci per approfondire il nostro amore reciproco e i nostri rapporti”, ha detto ancora Welby. Un pensiero è andato anche ai vescovi Henry Ndukuba della Nigeria, Laurent Mbanda del Rwanda e Stephen Kaziimba dell’Uganda, che hanno boicottato l’incontro perché volevano che all’ordine del giorno ci fosse il tema dei matrimoni gay ai quali sono contrari. “Mi sono mancati moltissimo”, ha detto il primate Welby. Parole molto dure sono state usate, invece, dal leader anglicano sul tema dell’ambiente, della povertà e della migrazione. “Tacere sulla necessità di salvare il pianeta, sul trattamento dei migranti e sulle violazioni dei diritti umani vuol dire far parte degli oppressori”, ha affermato Welby.

“Penso che all’arcivescovo Justin Welby sia riuscito di mantenere unita la nostra comunione, sul tema controverso dei matrimoni gay, con un compromesso pragmatico e intelligente”, spiega il vescovo anglicano Graham Kings, che ha partecipato alla Lambeth conference. “Alla vigilia di questo incontro c’erano molte tensioni sulla risoluzione ‘Lambeth 1.10’, approvata nel 1998, che riafferma il matrimonio come unione di un uomo e una donna e chiede la castità a chi non è sposato, ma aggiunge anche che è importante ascoltare la voce di chi è omosessuale perché fa parte, comunque, del corpo di Cristo”. La “Global South Fellowship of Anglicans”, una “coalizione che rappresenta le province contrarie ai matrimoni gay, rimasta all’interno della comunione anglicana, pur con un atteggiamento critico, chiedeva a Welby di disciplinare le diocesi anglicane gallesi, scozzesi e americane che celebrano le unioni gay. Tuttavia, il primate ha riaffermato la tanto contestata risoluzione Lambeth 1:10 senza allontanare le province anglicane che sono a favore delle unioni gay. È stato un compromesso che non ha accontentato del tutto né conservatori né liberali, ma che ha mantenuto unita la nostra comunione”.

Un bilancio positivo di una comunione che rimane, comunque, divisa in tema di sessualità lo tratteggia anche l’arcivescovo di Birmingham Bernard Longley, che fa parte della delegazione vaticana alla “Lambeth conference” ed è, insieme all’arcivescovo anglicano di Melbourne, Philip Freier, copresidente della commissione “Arcic” per il dialogo tra cattolici e anglicani. “Senza dubbio abbiamo assistito a una comunione che sta cercando l’unità interna ed è riuscita a trovarla”, dice l’arcivescovo Longley. “Penso che, di tutti i temi che abbiamo affrontato in questi giorni, quelli che porteranno frutti più importanti, nel dialogo tra anglicani e cattolici, saranno l’evangelizzazione e l’ambiente. Abbiamo concordato, alla fine delle sessioni di preghiera e di lavoro dedicate a questi argomenti, che il dialogo ecumenico sia radicato nella missione. Abbiamo anche lavorato alla visione di come potrebbe essere una Chiesa cristiana unita e questo ci aiuterà a dare una nuova spinta al dialogo ecumenico”.

La delegazione vaticana alla Lambeth conference era guidata dal card. Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, che non ha potuto partecipare, per ragioni di salute, ma ha mandato un messaggio che è stato letto da don Anthony Currer, responsabile per i rapporti con gli anglicani e i metodisti nello stesso Dicastero. Il card. Koch ha parlato di “un’emergenza ecumenica” e del fatto che “la mancanza di un accordo su un obiettivo unico del movimento ecumenico è radicato nella mancanza di un accordo sulla natura della Chiesa e la sua unità”. L’intervento faceva parte di una sessione alla quale hanno partecipato delegati luterani, ortodossi e pentecostali e, al termine della quale, i vescovi anglicani hanno approvato una “Chiamata a lavorare per un’unità visibile della Chiesa”.

Un altro importante momento ecumenico della Lambeth conference è stato l’intervento del card. Luis Antonio Gokim Tagle, presidente di Caritas internationalis, che ha commentato il tema della convention “Che cosa significa essere una Chiesa di Dio per il mondo di Dio”, costruito attorno alla prima lettera di San Pietro. “Una Chiesa di Dio per il mondo è una Chiesa dove i cristiani sono una mente sola, compassionevoli e umili nonostante il rischio di persecuzioni e sofferenze, proprio come quella di cui parla Pietro nella sua lettera”, ha detto il cardinale.

 

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