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L’improvvisa scomparsa di Renato Moro, caporedattore centrale del “Nuovo Quotidiano di Puglia”, ha destato dolore e sgomento. Aveva 60 anni, ha lasciato la moglie e collega Anna Rita Invidia e i tre figli, Eugenio, Ludovica e Carlo.

 

 

 

Da giovane Renato aveva due passioni: l’archeologia e il giornalismo, mestieri apparentemente lontani, ma a ben riflettere particolarmente vicini per la convergenza del metodo di lavoro. Lui, che era anche un sognatore, è riuscito a condensare e integrare le sue vecchie passioni nel giornalismo, scelto e accudito durante la sua vita con pazienza, passione, dedizione, instancabile curiosità, attenzione alle trasformazioni: il mix del buon giornalismo. Mai ha cercato di mettersi al riparo dai rischi di una professione dal forte carattere pubblico, chiamata a garantire un’informazione corretta, libera, capace di trasmettere alla società notizie verificate, ma anche chiavi di lettura e anticipazioni sui processi economici e socio-culturali.

Lo ha potuto fare perché ad orientare ed arricchire il suo impegno professionale è stato il gusto della scoperta e la curiosità per i nuovi fenomeni sociali, attraverso una continua e intelligente operazione di scavo nella realtà per capire le tendenze e cogliere gli elementi innovativi. Come chi cerca reperti nei meandri della storia per ricostruire il nostro passato, con la stessa accuratezza, Renato è stato un instancabile cercatore delle tracce più o meno evidenti di una società in trasformazione, che andava quotidianamente indagata e raccontata con le sue luci e le sue ombre, le sue gioie e le sue tragedie.

Il Salento è stato la fonte di ispirazione, il terreno di scavo, la terra che amava, ma che voleva migliore. E del Salento è stato allo stesso tempo severa coscienza critica e strenuo difensore.   

Perfetta sintesi del professionista dalla volontà di ferro, sorretta dal gusto della battuta e dalla pungente ironia, coraggioso e attento, disponibile all’ascolto e al dialogo, ma inflessibile sui principi di coerenza e di fedeltà alla missione del giornalista, Renato Moro è stato per anni anche un efficiente uomo-macchina nel suo ruolo di caporedattore e un preciso punto di riferimento per i colleghi del “Nuovo Quotidiano di Puglia” e i tanti i lettori che lo hanno conosciuto e che ora lo piangono e lo ricordano con affetto.

“Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare”, pare abbia detto Luigi Barzini junior.

Per Renato non era così, non è stato così. Per lui il giornalismo era una missione, la sua vita. Non un “lavoro” e basta.    

A distanza di una settimana dalla morte di Renato Moro, mercoledì 3 marzo alle 11,30 nella chiesa di Sant’Irene (Teatini), per iniziativa dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, l’arcivescovo Michele Seccia presiederà un’eucarestia di suffragio cui sono stati invitati i familiari, i colleghi giornalisti e gli amici di Renato.

 

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