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Santa Barbara di Nicomedia, splendida fanciulla cristiana del III sec., è una figura alquanto nota nel Salento dove, probabilmente per uno dei ricorrenti casi di contaminazione agiografica, venne inavvertitamente confusa con la martire greca Irene di Tessalonica, l'antica patrona di Lecce.

 

 

Entrambe le sante infatti vengono invocate, a livello popolare, come protettrici dal pericolo dei fulmini ed entrambe sono associate al simbolo della torre, come testimonia, in uno dei suoi tantissimi dettagli artistici, la nostra stessa cattedrale. Santa Barbara è tuttavia divenuta famosa anche per il suo patronato su marinai ed artiglieri nonché sul corpo dei Vigili del Fuoco che ieri, 4 dicembre anche a Lecce nella chiesa parrocchiale San Filippo Smaldone, alla presenza dell’arcivescovo Michele Seccia e del parroco don Giovanni Serio, l’ha festeggiata con solennità.

Ne abbiamo parlato con il dott. Antonio Panaro, da qualche mese comandante provinciale dei Vigili del fuoco di Lecce.    

Comandante Panaro, cosa significa, per il corpo dei Vigili del fuoco, festeggiare Santa Barbara oggi?

Il patronato di Santa Barbara sui Vigili del fuoco non è qualcosa di semplicisticamente tradizionale o un semplice retaggio del passato bensì qualcosa di concreto, di vivo e potente. Certo, molti secoli di storia ci separano dalla nostra santa eppure chiunque abbia indossato o indossi la nostra divisa, testimoniando con il cuore, ogni giorno, gli ideali cui essa rimanda, ha fatto l'esperienza di sentire la presenza familiare e vicina di questa figura. Santa Barbara insomma per noi è finanche di più di una santa patrona: è come un'amica celeste, una sorella maggiore amatissima sempre pronta ad ascoltarci, a proteggerci ma soprattutto a ricordarci il significato più autentico della nostra missione. Siamo dinanzi ad una ragazza che fu davvero eroica che non ebbe alcun timore di offrire, con generosità, la propria vita per quello in cui credeva. Dinanzi ad un esempio così grande, qualsiasi sacrificio che il nostro lavoro possa richiedere, ci sembra poca cosa ma soprattutto acquista un senso profondo, ci indica il "perché" del servizio che svolgiamo.

Ieri mattina si è svolta, alla presenza dell'arcivescovo, la consueta cerimonia annuale in occasione della memoria liturgica della martire. Quali le sue riflessioni?

L'evento del 4 dicembre non è una ricorrenza come tante ma un appuntamento molto atteso. È un giorno fondamentale in cui ognuno di noi si ferma a riflettere sui motivi profondi che lo hanno spinto a donare la propria esistenza a questa missione. Riaffiorano ricordi di persone care, di compagni di vita e di lavoro. Si ripensa anche ad episodi non semplici, alcuni molto dolorosi, che però ecco che vengono visti in una luce nuova e considerati nel loro valore più vero. La festa di Santa Barbara ci consente anche di "riconoscerci squadra", di sentirci davvero come dei fratelli uniti tra noi per raggiungere una mèta comune ed uniti alla nostra santa che ci infonde la forza necessaria per tenere fede al difficile compito che, con lo slancio della nostra giovinezza, abbiamo abbracciato.

 

La celebrazione di quest’anno si è svolta in un clima di sobrietà come imposto dal tempo che viviamo…

La cerimonia di ieri si è svolta con grande semplicità e partecipazione. Sono rimasto positivamente colpito dal silenzio da cui è stata caratterizzata. Silenzio che non poteva che rievocarci quello della torre in cui la nostra Barbara venne rinchiusa. Un silenzio che, a prima vista, pesa ma che invece ci porta ad una chiara rigenerazione prima di affrontare le sfide cui saremo chiamati nel corso dell'anno. Dopo tutto, Barbara lo sperimentò prima del suo martirio ma quella fu anche la sua assoluta vittoria. Da parte mia, non posso che ringraziare di cuore l'arcivescovo Michele Seccia per la vicinanza che ha voluto esprimerci, per il clima così familiare e paterno che la sua presenza ogni volta ci trasmette, per le parole di incoraggiamento che ci spronano a fare sempre meglio.      

     

 

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