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Serata culturale (e non solo) venerdì scorso per la presentazione del libro di don Salvatore Miscio Dio del cielo vienimi a cercare. Faber, uomo in ricerca, presso la parrocchia San Sabino di Lecce

 

 

Oltre all’autore, sono intervenuti all’evento don Sandro Quarta, il parroco della comunità, il dott. Mauro Spedicati, presidente diocesano dell’Azione cattolica, e la docente in quiescenza dell’UniSalento Delia Corchia. Hanno partecipato associati dell’Ac, presidenti e delegati regionali, tra cui Sabrina Esposito.

Don Salvatore è sacerdote dal 2005. Dottore in antropologia teologica, insegna ecclesiologia all’Issr di Foggia. Dal 2020 è vicario episcopale per la Pastorale dell’arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo. È inoltre assistente ecclesiastico regionale per il settore giovani di Azione cattolica e assistente regionale della Puglia per l'Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il suo libro scaturisce da una ricerca sui testi di Fabrizio De Andrè. “Questi scritti deandreani di quarant’anni fa sono quanto mai attuali. Al tempo della loro pubblicazione erano considerati quasi eretici, oggi quando parliamo di Chiesa in uscita sono il nostro pane quotidiano - ha detto don Sandro”.

“Bisogna riscoprire la bellezza, l’importanza e la capacità di creare occasioni di crescita culturale, attenti a non fare intellettualismo astratto per aprire i propri orizzonti e accogliere - ha asserito Spedicati -”. La prima stampa del libro è del 2016 e, nella presentazione di esso, mons. Nunzio Galantino, all’epoca segretario generale della Cei, ricordava come ai  tempi dell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco la Chiesa avesse scelto il “cortile” come luogo di incontro e di dialogo con i “gentili”, che guardano la vita in prospettiva diversa dai cristiani, ma con i quali si possano confrontare: quella Chiesa in uscita verso le periferie fisiche ed esistenziali che ha trovato terreno fertile nell’attuale cammino sinodale; Chiesa come luogo aperto, in cui si possa dialogare, incontrare l’altro al di là del suo punto di vista. Pertanto, partire dalla poesia, dalle canzoni, dalla musica di De Andrè, che non è teologo, ma è mosso dal suo “presagio religioso”, è un modo molto concreto di interpretare il desiderio di allargare i nostri orizzonti.

Il libro si può leggere in un paio di ore agevolmente, ma si può considerarlo come un ipertesto, con tante parole che aprono altri collegamenti: è un lavoro profondo per condensare tutte le varie riflessioni, ma anche capire come dalla poetica di De Andrè si spazia su temi teologici, politici, sociali, filosofici. Si coglie, leggendo, tutto lo sforzo di non piegare le parole del cantautore ad un’idea meramente cristiana, come se don Salvatore si spogliasse della talare per leggere veramente con gli occhi della ricerca l’intenzione deandreana, per coglierne i riferimenti a Dio, a Gesù, a temi cristiani senza strumentalizzarli. Ne nasce una bella composizione su un uomo che ha vissuto in costante ricerca”.

“Si sono fatti studi, tesi di laurea - ha aggiunto Delia Corchia -, interi corsi sui testi di De Andrè, rivoluzionari in quel momento, che suscitano emozioni e riflessioni. Questo libro di don Salvatore è ben costruito, esaustivo per evincere riferimenti biografici, capacità narrativa e religiosità dell’autore genovese, da considerare uno dei più grandi poeti del Novecento, capace di empatia e di pietà per i “vinti” verghiani, i più deboli, disagiati, poveri, disgraziati, ultimi, senza giudicarne gli errori, ma capace di misericordia, definito “poeta, cantautore, ultimo trovatore della nostra tradizione letteraria”, inguaribile romantico e grande polemico”. Infine, la parola è passata a don Salvatore, che ha mirabilmente calibrato il suo discorso, alternandolo con l’esecuzione encomiabile da parte della Band”Pigeon pop” di alcuni brani - chiave di De Andrè.

 

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