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Ai miei alunni di terza media ho suggerito di leggere il brano del Vangelo di Marco 4,35-40 e le parole di commento del Papa nel toccante discorso del 27 marzo chiedendo loro di soffermarsi principalmente sulle parti da me evidenziate, di guardare il video qui allegato che raccoglie le immagini più belle di quella serata e di mettere nero su bianco le loro emozioni. Ecco alcune delle loro riflessioni.

 

 

In questo lungo periodo di tempo, le mie giornate trascorrono lentamente e in modo monotono. Tutte le notizie che ogni giorno sento al telegiornale non fanno altro che peggiorare il mio senso di ansia…tantissimi contagiati, tantissimi morti e crisi economica per il nostro paese; mi è difficile trovare qualche aspetto positivo. È proprio in questo momento però che noi italiani ci troviamo a riscoprire gli stessi punti di riferimento e soprattutto ad essere più uniti; questo è un atteggiamento che mi auguro potrà caratterizzarci anche in futuro, quando saremo usciti dall’emergenza pandemica. Per questo motivo, il 27 marzo scorso, a pochi passi dal cancello centrale della Basilica Vaticana, davanti ad una Piazza San Pietro completamente deserta, Papa Francesco era in piedi, in silenzio e soprattutto da solo, a pregare per tutto il pianeta afflitto dall’epidemia. Ha fatto riferimento al vangelo di Marco: arriva la sera, il mare è in tempesta, i discepoli si preoccupano tranne Gesù; Lui è tranquillo e salverà tutti.

Papa Francesco ha affermato che tutti noi possiamo ritrovarci in questo racconto. Da almeno tre mesi, nel mondo è arrivata la “sera…” ci siamo ritrovati confusi e dispersi, smarriti e impauriti, proprio come i discepoli del racconto evangelico che non si sentivano rassicurati neanche dalla presenza di Gesù. Stiamo vivendo in uno smarrimento che però ci sta dando la possibilità di mettere tutto nella giusta prospettiva e di dare il giusto valore alle piccole cose che prima ci sfuggivano. Credo che questa sia un’opportunità che Dio ci sta offrendo.

 Un altro aspetto che è emerso da questa tragedia è la solidarietà tra le persone: siamo tutti uniti e pronti ad aiutare il prossimo a fronteggiare le difficoltà e questo ci fa sentire meno soli.

Siamo legati dalla stessa sorte e, anche un comportamento sconsiderato di pochi, può condizionare la vita di molti. Potremo superare solo insieme e con senso civico.

La tempesta ha smascherato tutte le nostre sicurezze, dice poi il Papa. Niente è prevedibile e niente è sicuro. Prima forse credevamo di essere indistruttibili, adesso siamo consapevoli che non è così. Prima eravamo presi dalla frenesia, adesso siamo costretti a fermarci e a rimanere chiusi in casa senza certezze. Ho capito che la nostra vita può essere stravolta da un momento all’altro e che bisogna apprezzare le piccole cose; ho capito che cosa significa “egoismo”, quello di coloro che, per soddisfare i propri bisogni, non rispettano le regole; ma ho capito anche il significato di “altruismo”, un valore che appartiene a tante persone, al personale sanitario, ad esempio, che rischia la propria vita per salvare quella degli altri.

Il Papa dice che dobbiamo utilizzare questo periodo come un” tempo di scelta”. Dobbiamo avere fede in Dio; solo in Lui potremo trovare la forza di affrontare ogni cosa; solo Lui ci aiuterà ad essere positivi, nella speranza di tornare quanto prima alle nostre vite; con maggiore saggezza però. Purtroppo oggi, per ovvi motivi, ci è negata la possibilità di andare in chiesa, ma chissà che, proprio questa limitazione, un domani ci farà apprezzare ancora di più l’incontro col Signore e potremo vedere la Sua casa piena di fedeli.                   

D.G.  Classe 3 C

In questi giorni la nostra vita è cambiata radicalmente a causa di questo virus che ha invaso le vite di tutti, specialmente la mia. Come ha detto il Papa, "sembra che sia scesa la sera". Ciò che vediamo ogni giorno dalle nostre finestre è sempre la stessa strada vuota e deserta, come quando scende proprio la sera che fa rincasare tutti noi. Solo adesso capisco quanto gli abbracci, i baci, i saluti, le serate con gli amici non fossero gesti così scontati, adesso sono l'unica cosa che mi manca davvero. Mi sento "dispersa", provo ansia e paura per il futuro: finirà mai tutto ciò? Il Papa ci invita ad unire le forze e a non arrenderci, a non scoraggiarci; io però non riesco a trovare questa forza nella mia anima …Mi sento diversa, cambiata; da un momento di spensieratezza mi ritrovo in un momento di serietà assoluta, come se nel giro di poche settimane fossi cresciuta in fretta. Mi rendo conto che quei messaggi o quelle chiamate per chiedere "come stai?", che prima potevano sembrare inutili da inviare, ora sono quelle che più di tutto vorrei ricevere perché, nonostante le distanze, mi permettono di rimanere in contatto con le persone care, sono quelle che riescono a rallegrarmi la giornata. Allora la vulnerabilità e l’insicurezza spariscono e lasciano spazio alla gioia di poter parlare con qualcuno senza maschere o filtri, così come siamo. Scopro quanto è grande il valore dei piccoli gesti!

Proseguendo il suo discorso, il Papa ha aggiunto che siamo andati avanti senza badare alle conseguenze, "ci siamo fatti assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta", proprio così! Non abbiamo dato importanza a tutto quello che stava accadendo intorno a noi, "al nostro pianeta gravemente malato", pensando che questo non avrebbe influito sulle vite di tutti. Se invece avessimo quel coraggio in più, come tutti quei medici, quegli infermieri che combattono ogni giorno costantemente contro questo virus, a volte anche pagando con la vita, se solo avessimo un po' di speranza e un po' di fede in più, se solo avessimo quegli occhi capaci di guardare il lato positivo delle cose, anche con un po' di creatività, allora tutto questo potrebbe finire presto…E allora ritorneremo a sorridere insieme ai nostri amici, ritorneremo ad abbracciare il sole. Anch'io mi impegnerò in tutto questo, senza pensare di essere sola perché non lo sono e senza pensare di potercela fare da sola, perché insieme si può andare molto lontano.

F.D.  Classe 3 C

In uno dei momenti più bui che il mondo abbia mai attraversato, il 27 marzo scorso il Pontefice, solo e sotto la pioggia, ha invitato tutti i fedeli del mondo ad unirsi nella preghiera invocando la fine della pandemia. Toccante è stato per me vedere il Crocifisso ligneo della Chiesa di San Marcello al Corso ripreso dall’angolatura contro la pioggia: sembrava stesse piangendo, è come se condividesse il lutto e il dolore di tanti uomini nel mondo. Il Papa ha ripreso il noto episodio raccontato nel Vangelo di Marco, dove è descritto lo smarrimento e la paura dei discepoli quando in barca sono sorpresi da un’improvvisa tempesta. Anche noi ci siamo resi conto di ritrovarci sulla stessa barca, attraversando una tempesta inaspettata e furiosa, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo aggrappati gli uni agli altri, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo “tutti insieme”. Il Papa ha poi menzionato quelli che “nella paura hanno reagito donando la propria vita”, citando medici, infermieri, volontari, sacerdoti, forze dell’ordine; persone che non compaiono nei titoli dei giornali, nelle grandi passerelle, ma senza dubbio tanto importanti nella nostra vita. Qui la mia commozione è stata tale che avevo gli occhi lucidi, pieni di lacrime, in quanto ho una zia che lavora in ospedale. Ogni giorno, tutti noi in famiglia, preghiamo che vada tutto bene.

Ho riflettuto su quale senso stiamo dando alla nostra esistenza. In questo momento sono cadute le maschere del denaro, del potere e la ricerca del piacere ad ogni costo, cose alle quali per tanto tempo abbiamo dato molta importanza. Siamo sempre andati avanti sentendoci forti e capaci di fare tutto da soli, non preoccupandoci di ciò che avevamo intorno, continuando a distruggere il nostro pianeta e dimenticandoci della Parola di Dio. In questa difficile situazione credo che un po’ tutti dovremmo chiederci che cosa vuole dire Dio all’umanità e a ciascuno di noi in particolare. Quante volte, guardando alle sofferenze della nostra vita, rimproveriamo Dio dicendo che non si interessa di noi, che non ci ascolta più. Invece, dobbiamo avere la certezza che il Signore è al nostro fianco e ci tiene la mano, ma dobbiamo anche imparare a chiedere il suo aiuto e a riconoscere la nostra fragilità. Solo la fede può darci certezze; solo Gesù può calmare la tempesta che stiamo attraversando. Senza questa fede e questa speranza, affondiamo. Uniti nella preghiera e nell’amore: la preghiera e il servizio silenzioso sono le nostre armi vincenti. 

È stato un intenso, commovente momento di riflessione... Mi viene spontaneo e dal profondo del cuore invitare il Signore nella nostra vita, nelle nostre case, nelle nostre famiglie, affinché porti la serenità da tutti desiderata.

                                                                                                                                                       V.A.    Classe 3 C

“Non t’importa di me? Non t’importa della gente che sta morendo? Non t’importa della gente che non vive in una casa? Non t’importa dei medici che sono costretti a vedere persone morire tutti i giorni?” ogni giorno mi pongo queste domande, ma non trovo risposte. Una cosa però ho compreso, che nessuno si salva da solo, nessuno è autosufficiente…Come dice il Papa, è compito nostro reimpostare la rotta della nostra vita, noi siamo i comandanti, noi decidiamo se viverla o buttarla come si fa con ciò che non serve più; inoltre durante questo lungo percorso della vita, si incontrano molti compagni di viaggio, alcuni buoni, che ci aiutano nei momenti più complicati, altri meno buoni che invece non pensano al bene degli altri ma solo al proprio. Io penso che dobbiamo avere solidarietà, speranza ma anche molta pazienza perché tutto questo non finirà subito, come dentro di me non finirà mai neanche la voglia di rivedere di persona, e non da dietro uno schermo, i miei amici, le mie sorelle, e abbracciarli come facevo prima. Io ho fiducia, ho fiducia nel Signore, ho fiducia in tutti noi che ci dobbiamo impegnare a restare a casa per custodirci e custodire la nostra preziosa e unica vita.

F.F.  Classe 3 C

Quest'anno ci siamo trovati a trascorrere il periodo della Quaresima tutti chiusi in casa in quarantena a causa del terribile Covid-19, che sta spargendo vittime in tutto il mondo. Da sempre la Chiesa ci ha spinto in questo periodo a riscoprire alcuni elementi della fede, quali la preghiera, il digiuno e la carità. E mai come quest'anno ognuno di noi ha avuto e sta avendo il tempo di riflettere sul significato della Quaresima prima e della Pasqua poi. Siamo stati chiamati a fare un sacrificio per noi stessi, ma anche e soprattutto per il prossimo: restare a casa. Rimanendo a casa abbiamo finito di condurre una vita frenetica che non ci faceva più godere delle piccole cose. Abbiamo più tempo per noi stessi, per i nostri cari, per le cose che ci piace veramente fare! Non possiamo avere una vita sociale, ma la tecnologia ci aiuta a mantenerci vicini, anche se lontani! Stiamo apprezzando un messaggio, una telefonata da persone che avevamo dimenticato! Stiamo assaporando i profumi di ricette fatte in casa! Stiamo capendo quanto sia importante aiutare le persone in difficoltà. Stiamo ammirando l'operato di tante persone che si stanno sacrificando per il bene dell'umanità: il personale sanitario, forze dell'ordine, autotrasportatori, commercianti! E soprattutto, spinti dalla paura di un futuro incerto, stiamo trovando il tempo di pregare Dio, perché ci renda forti per affrontare la situazione, perché ci perdoni per la nostra indifferenza nei confronti del prossimo e ci liberi presto da questo male! A tutto questo si aggiunge la speranza che vada tutto bene e che alla fine ci riscopriremo persone nuove, più buone e più consapevoli dei veri valori della vita.

D.G.   Classe 3 A

 

 

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