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I giovani della Comunita di Sant'Egidio di Lecce hanno inviato alla nostra redazione la lettera che segue. L’hanno scritta in ricordo di Sony, il loro amico senza fissa dimora morto in viale Otranto mercoledì notte.

 

 

 

La pubblichiamo integralmente per far conoscere a tutti cosa si cela dietro alle vite dei senza fissa dimora e per invitare ognuno ad intervenire, assumendosi personalmente la responsabilità degli altri. Così le nostre città potranno diventare più umane per tutti.

Mercoledi 14 ottobre presso la Chiesa di San Giuseppe alle 19,30 i Giovani per la pace pregheranno per lui e per tutti le persone che sono morte a causa della vita di strada. 

Caro Sony,

sei andato via così, silenzioso, come sei sempre stato. Gentile e disponibile. Mai una parola fuori posto, mai un comportamento fuori dalle righe. con noi. Ti fidavi di noi e ci volevamo bene. Non sei un senza tetto morto per la strada nell’anonimato, sei una persona con un nome e una storia e hai riempito la nostra vita di bellezza.

 

Ora le cronache parlano di te, per tanti anni in pochi si sono accorti di quanta voglia e bisogno avessi di amicizia. Era facile stare con te perché eri un ragazzo piacevole, simpatico, spiritoso e molto sensibile. Ricordo la sera di qualche anno fa, ci eravamo conosciuti da pochi mesi e quando venimmo a trovarti ci dicesti che non ti sentivi bene, che sicuramente avevi la febbre. Andammo insieme alla Guardia Medica e, in effetti, avevi la febbre alta e ti prescrissero un antibiotico. Usciti dall’ambulatorio andammo alla farmacia e quando ci fermammo per scendere e comprare le tue medicine tu chiedesti stupito: “Che state facendo? Che stiamo facendo qui?” e noi ti rispondemmo, sorpresi della tua domanda, che eravamo lì per comprare le tue medicine, che ne avevi bisogno… iniziasti a piangere e con la voce tremante dicesti “Grazie… allora vi interessa davvero…siamo amici davvero…”.

Eri così, capace di commuoverti per i piccoli gesti di amicizia. Ricordo le serate passate a parlare sui gradini dell’ex Inail, in cui ci raccontasti di te, della tua storia, di come avevi perso l’occhio da bambino per uno stupido incidente a scuola, ci raccontavi del tuo lavoro in Italia e di come ti sarebbe piaciuto riprendere in mano la tua vita ma non era facile. Con le parole, amico mio, è sempre tutto più semplice che con i fatti. Ma noi credevamo in te e sapevamo che ce l’avresti fatta a tornare a vivere davvero.

Ricordo quando ci dicesti, in segreto, che qualche giorno dopo sarebbe stato il compleanno di Marco, tuo amico e nostro amico, e che ci tenevi che almeno per quel giorno fosse felice, volevi che lo festeggiassimo insieme e così facemmo, anche se tu avevi già pensato a fargli il tuo regalo, portandogli dei cornetti la mattina.  

Noi vogliamo raccontarti, perché te lo meriti. Vogliamo raccontarti, perché ci mancherai. Vogliamo raccontarti perché è giusto raccontare di un ragazzo di 34 anni che ci ha lasciati così. Non sei stato fortunato nella tua vita, amico mio, e spesso sei stato vittima dell’indifferenza di tanti. Ma la tua morte non può lasciare indifferenti e deve servire da sveglia per le nostre città addormentate. Ognuno di noi ha il dovere di chiedersi quale sia il proprio ruolo nella costruzione di una città più giusta ed umana.

Troppo facile, quando le sorti degli “invisibili” fanno rumore, alzare la voce e prendersela con qualcuno, con chiunque, basta che si trovi un colpevole. Non ci deve interrogare la tua morte, che forse non si sarebbe potuta evitare neppure se fossi stato un 34enne in carriera, ricco e fortunato, ma ci deve interrogare la tua vita. La vita a cui in pochi hanno dato importanza finché non è diventata fatto di cronaca. No Sony, non è giusto così, perché tu non ci sei più e dall’alto continuerai a volerci bene e a farci gli scherzi, anche se con quest’ultimo hai davvero esagerato…ma ti perdoniamo.

Per le strade di Lecce e di ogni città ci sono tanti Sony, tanti ragazzi che non ci credono più, tanti giovani e adulti e persino anziani che non vogliono stare per strada, come spesso si sente dire. Non è vero, è un luogo comune buono per sentirci a posto. Una vita non ha bisogno di elemosina per ripartire. Una vita non ha bisogno di gentilezze di un momento per ritrovare speranza. C’è bisogno di più, c’è bisogno di amicizia, di interesse vero, di sostegno, di rimproveri paterni e gioie condivise. Non volevi stare per strada, ma ci stavi. Non cercavi un posto letto per la notte o un panino per riempire lo stomaco… cercavi una proposta e qualcuno di credibile che te la facesse. In questi giorni ci avevi chiesto un aiuto per rinnovare i documenti, forse qualcosa stava cambiando, forse piano piano stavamo riuscendo a costruire, insieme, un orizzonte più largo. Ci siamo incontrati, per l’ultima volta, poche ore prima che te ne andassi… le tue ultime parole suonavano tenere ma ora hanno un significato diverso, come se fossero la richiesta di una promessa. Hai detto: “ci vediamo, non ho bisogno che mi portate niente, basta che venite…”. Si Sony, noi verremo sempre, puoi starne certo.

 

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