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“Una previsione non è una decisione. Per prendere una decisione è necessario applicare il giudizio a una previsione e poi agire”.

 

 

 

È opportuno partire dal fatto che una macchina si limiti ad apprendere nuove regole per raggiungere probabilisticamente gli obiettivi prefissati, ma non può andare oltre. Per Massimo Chiriatti, autore del libro “Incoscienza artificiale. Come fanno le macchine a prevedere per noi” (edizioni Luiss) è necessario il cosiddetto giudizio umano per andare oltre. A questo bisogna aggiungere il fatto che i metodi predettivi di queste macchine assumono implicitamente che il nostro futuro è il passato: dato che le predizioni sono basate sullo studio di associazioni tra dati nel passato, il futuro deve essere già scritto in qualche modo nel passato. Sicuramente la decisione è un’arte compresa tra essere e divenire, tra coscienza e realtà fisica. Cadere in un determinismo tecnologico o in un probabilismo digitale è il rischio che si vive quando una macchina da oggetto diventa soggetto di decisione. Questo avviene quando queste macchine non si limitano ad essere predittive con gli algoritmi e a controllare una consegna effettuata ma quando utilizzano le nostre informazioni.

“Dio è il primo tecnico. La tecnica è l’ultimo dio” direbbe Severino. Sicuramente con l’interazione uomo-macchina la coscienza sta migrando anche in queste divinità algoritmiche che già adoriamo ma possiamo permetterli di avere autorità su di noi? Per ora i nodi di un computer sono solo piccoli gruppi di “cacciatori-raccoglitori” di dati ma sul fatto che sia veramente intelligente e secondo coscienza la risposta è negativa. La strada è quella di una cooperazione intellettuale dove in un mondo iperconnesso la tecnica serve a conoscere e interconnettere la conoscenza e le persone dove non bisogna aver paura di sbagliare. Allora intelligenza artificiale sarà incoscienza artificiale: oggi non ne possiamo fare a meno ma senza le competenze non sapremo quando usarla e perché: in quanto solo “l’uomo che non può scegliere cessa di essere uomo”.

Ancora Joyce: sono le decisioni e non le previsioni ad avere conseguenze. E poi sempre Chiriatti conclude il libro con questa preghiera della coscienza: “Signore, dammi il giudizio per decidere le cose che posso decidere, la pazienza di delegare le cose che non posso decidere e la saggezza per distinguere le une dalle altre”.

 

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