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“Per molte persone i Vangeli, prima di essere libri sacri, sono un film. Infatti a partire dal 1977, il Cristo dai lineamenti rinascimentali, eleganti e luminosi, impersonato da Robert Powell nel film ‘Gesù di Nazareth’ di Zeffirelli lo abbiamo visto tutti, più di una volta, proposto regolarmente dalla Rai in occasione della Pasqua.

Quel volto è diventato un’icona condivisa nell’immaginario collettivo”.

Lo dichiara mons. Dario Edoardo Viganò, assessore presso il Dicastero della Comunicazione della Santa Sede e professore ordinario di cinema, apprendendo la notizia della morte del regista fiorentino Franco Zeffirelli, deceduto ieri a Roma all’età di 96 anni. Soffermandosi sulle opere a carattere religioso di Zeffirelli, mons. Viganò sottolinea: “Negli anni Novanta e Duemila ho, in più di un’occasione, incontrato il regista Franco Zeffirelli, di cui conservo ancora dei bellissimi bozzetti di scena del suo ‘Gesù di Nazareth’. Era un autore colto, appassionato, che ha portato nel mondo cinema grande professionalità e cura del teatro. E proprio quel suo film costituisce un punto di svolta nelle narrazioni sulla figura di Gesù tra grande e piccolo schermo”.
“Mentre tra gli anni ’20 e gli anni ’60 Hollywood ci inonda di film su Gesù e la Bibbia dal taglio spettacolare, opere segnate però da una profonda povertà contenutistica e spirituale - prosegue -, in Europa Pier Paolo Pasolini e Franco Zeffirelli offrono tra gli anni ’60 e ’70 sguardi totalmente diversi, rivelatori. Nella loro diversità, se Pasolini ha restituito la forza della parola di Matteo realizzando una regia per sottrazione, Zeffirelli ha saputo fare un racconto sinottico dei Vangeli con una messa in scena senza precedenti, seconda in nulla al cinema hollywoodiano”.

 

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