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Tre i servizi del magazine settimanale di Portalecce Tv diretto da Don Emanuele Tramacere

- “Why not?”. È Quaresima anche per i giovani della Diocesi di Lecce. (di Beatrice Sicuro)

- L’arcivescovo a Torchiarolo per la Visita Pastorale: mi avete regalato tre giorni di gioia. (di Achille Giglio)

- La forza eversiva della Pasqua nel nuovo libro di don Cosimo Posi: un contributo alle ragioni della fede. (di Manuela Marzo)

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Dalla rettoria di Santa Maria della Provvidenza o delle Alcantarine di Lecce il sesto capitolo della rubrica in vernacolo "Nu picca te dialettu tantu pe dilettu" - La Quaremma a cura di mons. Mauro Carlino. Un viaggio nella lingua leccese, un omaggio affettuoso e grato al caro don Franco Lupo, poeta della "leccesità".

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Padre Oscar Mario Marzo commenta il Vangelo della IV Domenica di Quaresima

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Tre i servizi del magazine settimanale di Portalecce Tv diretto da Don Emanuele Tramacere

- Il Sinodo “dal basso” e i nuovi linguaggi per comunicare la fede: “I Martedì di Quaresima” della Chiesa di Lecce. (di Beatrice Sicuro)

- Visita Pastorale a San Pietro Vernotico. L’arcivescovo nella “famiglia allargata” dei Santi Angeli Custodi. (di Pietro Goduto)

- Visita Pastorale a San Pietro Vernotico. L’arcivescovo a San Giovanni Bosco: siate testimoni. (di Erika Martina)

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Dalla basilica di Santa Croce il quinto capitolo della rubrica in vernacolo "Nu picca te dialettu tantu pe dilettu" - la curtesia a cura di mons. Mauro Carlino. Un viaggio nella lingua leccese, un omaggio affettuoso e grato al caro don Franco Lupo, poeta della "leccesità".

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Padre Oscar Mario Marzo commenta il Vangelo della III Domenica di Quaresima

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Dal cortile dell'episcopio di Lecce il quarto capitolo della rubrica in vernacolo "Nu picca te dialettu tantu pe dilettu" - arti e mestieri a cura di mons. Mauro Carlino. Un viaggio nella lingua leccese, un omaggio affettuoso e grato al caro don Franco Lupo, poeta della "leccesità".

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“La parola che vi offro oggi da 'succhiare' è una parola dolce come il miele" - spiega il cardinale Cantalamessa nell'ultima delle sue riflessioni.

"Sono contento di terminare con essa perché così continuerà, spero, a risuonare dentro di voi per lungo tempo. Gesù la rivolse ai discepoli al momento di congedarsi da loro, ma, come ogni parola di Cristo, essa è destinata a ogni suo discepolo, di ogni tempo: 'Voi siete miei amici.. Non vi chiamo più servi..., ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho/atto conoscere a voi' (Gv 15, 14). 'Voi siete miei amici!'. Voglio farvi, a questo proposito, una piccola confidenza. In un incontro di preghiera di tanti anni fa, una donna aprì la Bibbia e lesse il brano del Vangelo di Giovanni dove si trova quella parola. Io l'avevo ascoltata chissà quante volte, ma in quel momento la parola amici 'esplose' (non trovo termine più adatto di questo) dentro di me. Succede con le parole della Scrittura, e soltanto con esse. Ed è sempre la stessa persona ad accendere la miccia: lo Spirito Santo. Cominciai a ripetere dentro di me: amico?! Gesù di Nazareth, il mio Signore, l'Onnipotente, colui che è morto per me, mi ha chiamato amico, e lui non dice mai parole vuote... Dunque, sono davvero per lui un amico, una persona cara! Tornando al mio convento dall'incontro, mi pareva che con quella certezza si poteva volare sui tetti della città, come si vede in certe pitture di Chagall. Volesse il cielo che quella parola "amico" esplodesse anche dentro di te che ascolti e illuminasse tutta la tua vita! Buona Quaresima e, fin d'ora, Buona Pasqua!'. 

 

 

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"La parola che ci accompagna oggi - dice il cardinale - è quella che Gesù rivolse a Zaccheo che era salito su un sicomoro per vederlo. Passando di lì, Gesù alzò lo sguardo e - in tono di invito, non di rimprovero - gli disse: 'Zaccheo, scendi subito, perché oggi voglio venire a casa tua!' (Luca 19, 1-10).

Zaccheo sono io che parlo e tu che ascolti. 'Voglio venire a casa tua'. Detto a noi, significa: 'Voglio entrare nell'intimità della tua vita. Non mi basta incontrarti tra la folla, in piazza o in Chiesa'. Richiamiamo alla mente l'invito di Papa Francesco all'inizio della sua Evangelii Gaudium: 'Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta' (EG, 3)". "In che cosa consiste questo famoso 'incontro personale' con Cristo?", domanda ancora Cantalamessa. "È come incontrare una persona dal vivo, dopo averla conosciuta per anni solo in fotografia. Aiuta a capire la differenza quello che succede nell'ambito umano, quando si passa dal conoscere una persona all'innamorarsi di essa. Se sei un giovane o una giovane, sei in grado di capire questo meglio di chiunque altro. Non c'è che l'innamoramento che cambia veramente la vita. Sia quella naturale che quella dello spirito. E Gesu è un innamorato che non delude mai!".

 

 

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La parola di Gesù da accogliere oggi, dice il cardinale Cantalamessa, "è quella che Egli rivolse alla adultera, dopo che i suoi accusatori si erano dileguati: 'Donna, nessuno ti ha condannato?'. 'Nessuno, Signore'. 'Neanche io ti condanno e d'ora in poi non peccare più'. 'D'ora in poi non peccare più!'. Ognuno di noi, se si esamina bene, si accorgerà che, accanto ai tanti peccati che commette, ce n'è uno diverso dagli altri. Si tratta di quel peccato al quale si è segretamente un po' attaccati, che si confessa, ma senza una reale volontà di dire basta!".

"Sant'Agostino, nelle Confessioni - spiega il predicatore della Casa pontificia - ci descrive la sua lotta per liberarsi dal peccato della sensualità. Ci fu un momento in cui pregava Dio dicendo: 'Concedimi castità e continenza'. Però, una vocina aggiungeva: 'Non subito, Signore!'. Arrivò il momento in cui gridò a se stesso: 'Perché domani?', domani che in latino si dice cras. 'Perché questo corvo che dice cras? Perché non ora?'. Bastò che dicesse questo 'basta!' per sentirsi libero. Cosa si deve fare concretamente? Mettersi un istante alla presenza di Dio e dirgli: 'Signore, tu conosci bene la mia fragilità. Fidandomi perciò unicamente della tua grazia, io ti dico che, d'ora in poi, voglio dire basta a quella soddisfazione, a quella libertà, a quell'amicizia, a quel rancore, a quel sotterfugio finanziario, insomma, basta a quel peccato che io e te conosciamo bene'. Vengo a ricevere il tuo perdono sacramentale. Potrai anche ricadere... Potremmo anche ricadere dopo, ma per Dio qualcosa è cambiato: la tua libertà si è schierata con lui. Siete in due adesso a lottare contro lo stesso nemico. Vedrai quanto è più bello vivere liberi dalla schiavitù del peccato, in pace con Dio e con se stessi!".

 

 

 

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