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Centodieci anni fa, il 6 gennaio 1914, a Bari nasceva Vittorio Bodini, in una famiglia di origine e formazione leccese.

 

 

Nella sua breve esistenza (morì a 56 anni il 19 dicembre 1970), ha attraversato diversi generi di scrittura: è stato poeta, giornalista, prosatore, intellettuale, saggista, traduttore e via dicendo.

Grazie alla sua poliedrica attività impegnata su più fronti, ha contribuito in modo significativo ad arricchire il patrimonio della letteratura meridionale e italiana del Novecento, occupando un posto di rilievo accanto a S. Quasimodo, L. Sinisgalli, C. Bene, R. Scotellaro e altri. Le sue opere hanno divulgato le condizioni storico-sociali del sud d’Italia, spesso ignorate (volutamente) o poco conosciute dai più.

Come pochi altri autori, tra cui quelli appena citati, ha saputo descrivere l’anima dei “terroni”, le peculiarità ambientali, le condizioni sociali, le disillusioni, le amarezze della gente meridionale, le sconfitte del territorio di residenza. Nelle sue poesie, questi temi diventano non soltanto liriche realistiche, ma una sorta di ideali espressioni pittoriche che, messe insieme, compongono un mosaico facilmente connotativo, in grado di individuare sia l’autore sia il paesaggio leccese-salentino, sempre al centro dell’immaginario bodiniano.

La sua produzione meglio conosciuta riguarda le raccolte poetiche intitolate La luna dei Borboni (1952) e Dopo la luna (1956). Ma non sono le uniche.

Non mi pare che questa sede sia idonea per divulgare ciò che la critica ha scritto sulla sua vasta produzione letteraria che si arricchì anche dell’influenza del folklore spagnolo e degli insegnamenti appresi da Garcia Lorca, per il quale realizzò il Teatro di F. Lorca (Einaudi, 1952). La sua bibliografia è facilmente reperibile in formato cartaceo oppure on-line.

Piace ricordare che insegnò letteratura spagnola all’Università di Bari e, da ottimo ispanista, tradusse opere di Cervantes, Salinas, Alberti e molti altri autori; che l’attenzione degli studiosi, prevalentemente locali, impegnati a esaminare la fortuna critica e le inquietudini di Bodini (che poi era un modo di vivere intimamente il sud), è continua e vivace. Ormai tendono a rivalutare la sua figura.

A proposito di questa, un murale gigantesco - forse l’unico dedicatogli - si può vedere su una parete di un edificio civile situato a Borgo Pace, nell’immediata periferia della città di Lecce. Pare sia stato eseguito almeno cinque anni fa. Sovrasta un campo abbandonato dove si trova di tutto di più, sotto gli occhi indifferenti dei residenti. Quale migliore scenario che aderisce perfettamente alle disillusioni contenute nelle composizioni poetiche di Bodini. Di cui noi leccesi (non tutti) siamo interpreti eccellenti.

 

 

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