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Si dice spesso che “i giovani di oggi sono gli adulti di domani”. Viene il sospetto che si fa finta di ignorare che gli adulti di oggi sono i bambini e i ragazzi di ieri. Portatori sani di sogni, buoni propositi, speranze, candore e innocenza di un tempo che fu e talvolta andati disattesi. La categoria “adulti” non è dotata della prerogativa della infallibilità, eppure la vita le assegna la funzione di educazione, guida e orientamento al bene e al meglio. Restando pur sempre in ascolto di qualche felice esempio che i “piccoli” sempre riservano e di cui restare ammirati. Buona lettura!

LASCIATECI STARE!

Crescere bene. Certe volte gli adulti non hanno proprio niente da insegnare. Eppure continuano a parlare, pontificare, giudicare… e se fosse arrivato il momento di dire: “basta”?

Questa è una storia in cui vale tutto, ma anche niente. È una storia che diventa – come la vita – esattamente come la desideriamo, a seconda di come la guardiamo. È una storia doppia, in cui le persone generano azioni con conseguenze, positive e negative. È una storia in cui vincono i giovani, poi scopriremo perché.

Storia 1: la legge del buon senso

Il contesto “mediatico”: vaccini, che per alcuni - ossia il mondo scientifico - sono indispensabili e per altri - chi decide senza controllare i dati e le evidenze scientifiche - inutili e anche dannosi.

Il fatto: in un liceo del Piemonte, un’intera classe si vaccina perché un compagno, Simone, è affetto da osteosarcoma e potrebbe contrarre infezioni “passate” dagli amici (purtroppo Simone morirà a causa della sua malattia pochi mesi dopo). Nessuno li obbliga, decidono affidandosi al buon senso.

Storia 2: la legge della paura del diverso

Il contesto “mediatico”: ogni volta che si presenta qualcuno di diverso in mezzo a noi (per religione, colore della pelle, sesso, comportamento, ecc.) preferiamo ritirarci e andarcene.

Il fatto: in provincia di Modena, una mamma organizza una festa di compleanno per il proprio figlio autistico di quattro anni e quasi nessun amichetto si presenta. La situazione viene raccontata dai mezzi di informazione, intervengono gli inviati di una trasmissione televisiva, qualche mamma si giustifica, i contorni della vicenda non sono del tutto chiari. Ma il fatto resta: questa non è stata considerata, dai genitori della classe, una festa come le altre.

Fatto 1 e fatto 2 hanno un elemento in comune: sono generati da scelte. In un caso dei giovani, nell’altro degli adulti (con conseguenze sui bambini). La differenza è lampante: nel Fatto 1 i ragazzi agiscono sommando cuore e ragione, opportunità e serietà, amicizia e intelligenza. Nel fatto 2 gli adulti agiscono per paura, pregiudizio, difficoltà a fare un passo avanti verso l’altro (cosa che comporterebbe, questo è vero, un po’ di disagio e un po’ di fatica).

Sembra quasi che, passando gli anni, gli esseri umani smettano di essere totalmente umani e si arrocchino nelle loro comfort zone, che sono quelle in cui l’altro sta fuori, lontano e non disturba.

Da quale parte stare

Usciamo dai due fatti, 1 e 2, per parlare in generale: i giovani sono migliori. Sì, possiamo dirlo forte e andare pure fieri mentre lo scriviamo sui muri (no, i muri meglio di no). Abbiamo una fiamma che non si spegne, che brucia di più, e sappiamo distinguere subito, di cuore, da quale parte stare.

E allora… perché nei tg si parla in modo schizofrenico di noi? Perché i giovani sono solo, nell’ordine, esagerando un po’: Fedez&Ferragni, drogati, piercing, hip-hop, Papa Boys, sbandati, sportivi senza cervello, sportivi con cervello, fissati per gli sport estremi, occupatori di licei, casinari da discoteca? O santi subito oppure peccatori incalliti… a 17-18 anni? Una esagerazione televisiva davvero sciocca. Qualcosa non funziona: di sicuro, ma negli adulti, e in chi vuole raccontare la società contemporanea esagerando un po’ con le pennellate violente.

Restiamo umani

Ecco perché il grido del titolo di questo articolo: “Lasciateci stare!”, ovvero, lasciateci essere giovani. Non imponeteci modelli adulti: ci sarà tempo per diventare come voi, cari genitori. O come scienziati, imprenditori, uomini di successo, personaggi illuminati. Per il momento cerchiamo di restare umani, di non imbarbarirci. E nel frattempo cresciamo, proprio come dite voi.

Alla festa di compleanno di un bimbo autistico saremmo andati, così come a quella di un compagno musulmano, o di un cinese. Avremmo riso e scherzato insieme e cercato “terreni comuni” per stare bene. Non è difficile, lo facciamo ogni giorno a scuola, in parrocchia, nel gruppo sportivo. Senza tante scene e sovrastrutture: noi non le abbiamo, fatevene una ragione.

Volete un esempio? Una giocatrice di colore della Nazionale Italiana di Pallavolo si è messa a sorridere raccontando ai giornalisti: «Ma davvero voi pensate che negli spogliatoi noi stiamo a guardare il colore della pelle di una o dell’altra?». Ecco, funziona così: i giovani sono autentici. Stop. Il resto non conta, è un problema di altri, che – proprio per questa stortura mentale – poi si cacciano nei pasticci e al posto di parlare di integrazione arrivano a parlare di “disintegrazione”.

Quindi, oltre a “mollateci”, abbiamo anche un altro suggerimento, molto alla romana: “ripigliatevi!”.

(in "hashtag", di Elena Giordano, su Dimensioni Nuove di gennaio 2019 - leggi l'articolo completo e altre tabelle su https://www.dimensioni.org/2019/01/lasciateci-stare.html )

 

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