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Il 13 marzo 2013, dodici anni fa come oggi, il mondo ha assistito a un momento storico: l'elezione di Jorge Mario Bergoglio come nuovo Pontefice della Chiesa cattolica. 

 

 

Con il nome di Francesco, il primo Papa a scegliere questo nome, il primo gesuita e il primo proveniente dall'America Latina, il suo arrivo ha segnato una svolta significativa per la Chiesa cattolica e i fedeli di tutto il mondo. Con un semplice ma significativo "buonasera" pronunciato dalla loggia di San Pietro, Francesco ha conquistato immediatamente il cuore dei credenti, dando il via a un pontificato all'insegna dell'umiltà, della vicinanza ai poveri e della riforma della Chiesa.

Nel notiziario della Fondazione “don Tonino Bello”, “Il Grembiule” viene ricordato quel momento storico: «un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi è quello iniziato il 13 marzo di dodici anni fa, quando 115 membri del Collegio cardinalizio, in un conclave durato poco più di ventiquattro ore, hanno scelto "quasi dalla fine del mondo" il nuovo vescovo di Roma»

Il giorno dopo, presiedendo la celebrazione liturgica, Papa Francesco ha pronunciato un manifesto programmatico: «Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti».

Otto mesi dopo, il 14 novembre 2013, la Fondazione “don Tonino Bello” ha incontrato il Papa. In dono, la croce pettorale di don Tonino e alcuni suoi libri in lingua spagnola. L'incontro, carico di significato, ha suscitato riflessioni profonde che Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione, ha così commentato: «Al nome di don Tonino il volto di Papa Francesco si è illuminato e il suo sorriso avvolgente ha sciolto ogni timore. Pochi minuti, ma densi di sentimento. Ogni parola e ogni pausa di silenzio erano significative». L'incontro ha evidenziato le numerose analogie tra Papa Francesco e don Tonino Bello: lo stile pastorale, i temi proposti, le scelte di campo. Piccinni evidenzia la rinuncia alle insegne del pontificato, il viaggio a Lampedusa, il richiamo alla pace e alla povertà, la scelta della sua residenza: «Elementi che, come accadde per il pastore di Molfetta, hanno reso più carismatico l’uomo, restituendo allo stesso tempo all’Istituzione quel carisma che forse il tempo aveva in parte eroso».

Non si tratta solo di cercare analogie, ma di valorizzare anche le specificità e l'originalità delle esperienze di vita e di fede di don Tonino e Papa Francesco. L’eredità spirituale e storica di don Tonino è un patrimonio della Chiesa universale, importante per interpretare i segni dei tempi nella fase attuale della vita sociale ed ecclesiale. Entrambi, provenienti dalle periferie del mondo, hanno preferito la strada al palazzo, il popolo ai privilegi, la vicinanza concreta alla distanza formale. Pastori dal cuore pellegrino, hanno percorso le vie della storia con umiltà e instancabilità, cercando segni di speranza tra gli ultimi, proprio come i Magi: «I Magi dei nostri tempi - conferma Piccinni - che hanno attraversato le periferie dell’anima e della società».

Il loro viaggio non è stato privo di ostacoli, ma la loro fede li ha resi instancabili cercatori di Dio nelle pieghe della quotidianità. E, come i Magi, hanno offerto i loro doni: la profezia di una Chiesa povera e accogliente, l’incenso della preghiera che si fa azione, la mirra della vicinanza a chi soffre.

Nel loro cammino brilla ancora quella stella che invita a uscire, a non fermarsi, a cercare Dio nelle strade del mondo. Perché è lì, tra la gente, che Lui continua a farsi incontrare. Questo percorso di "convergenza" è stato anche al centro di un convegno a Milano, il 31 ottobre 2015, dal titolo: "A Sud l'orizzonte si è schiarito. Don Tonino Bello, precursore di Papa Francesco". A distanza di anni dalla sua morte, il messaggio di don Tonino continua a risuonare forte e chiaro, ancor più oggi, nell'era del pontificato di Papa Francesco. Il vescovo di Molfetta, noto per la sua vicinanza agli ultimi, la sua lotta per la pace e la sua predicazione di una Chiesa povera e per i poveri, rappresenta un anticipatore coraggioso del messaggio del Pontefice.

Un viaggio che non si conclude, ma che riparte con una data speciale per il Salento e, in particolare, per la comunità di Alessano: il 20 aprile 2018, Papa Francesco ha compiuto un pellegrinaggio altamente simbolico presso il paese natale di don Tonino Bello, rendendo omaggio e pregando sulla sua tomba, riconoscendone l'eredità spirituale e sociale come testimone di speranza, pace e giustizia sociale.

«In questa terra, Antonio nacque Tonino e divenne don Tonino - ha affermato Papa Francesco durante il suo discorso - Questo nome, semplice e familiare, che leggiamo sulla sua tomba, ci parla ancora. Racconta il suo desiderio di farsi piccolo per essere vicino, di accorciare le distanze, di offrire una mano tesa. Invita all’apertura semplice e genuina del Vangelo». La sua scelta di rifiutare i segni del potere terreno e di abbracciare i segni del servizio è un esempio di coraggio e di autentico amore per Gesù, che si è spogliato di tutto per amore dell'umanità. Come diceva don Tonino, la Chiesa deve essere “del grembiule”, l’unico paramento sacerdotale che il Vangelo ci ha tramandato. Coniando il termine "contempl-attivi" univa preghiera e azione, dimensione spirituale e impegno sociale. Ci invitava a non essere imprigionati dal vortice delle faccende quotidiane, a chiederci se partiamo davvero dal cuore della nostra fede, per raggiungere e servire ogni uomo. La sua eredità non è solo un ricordo, ma una sfida quotidiana per ciascuno di noi: «E noi ci potremmo chiedere - concludeva Papa Francesco - se partiamo dal tabernacolo o da noi stessi. Potresti domandarci anche se, una volta partiti, camminiamo; se, come Maria, Donna del cammino, ci alziamo per raggiungere e servire l’uomo, ogni uomo. Se ce lo chiedessi, dovremmo provare vergogna per i nostri immobilismi e per le nostre continue giustificazioni. Ridestaci allora alla nostra alta vocazione; aiutaci ad essere sempre più una Chiesa contemplattiva, innamorata di Dio e appassionata dell’uomo!».

 

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