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“All’inizio del nuovo millennio, la povertà di miliardi di uomini e donne è la questione che più di ogni altra interpella la nostra coscienza umana e cristiana”. 

 

 

La povertà pone un drammatico problema di giustizia: la povertà, nelle sue diverse forme e conseguenze, si caratterizza per una crescita ineguale e non riconosce a ogni popolo “l’eguale diritto ‘ad assidersi alla mensa del banchetto comune’”. Tale povertà rende impossibile la realizzazione di quell’umanesimo plenario che la Chiesa auspica e persegue, affinché le persone e i popoli possano “essere di più” e vivere in “condizioni più umane”. La lotta alla povertà trova una forte motivazione nell’opzione, o amore preferenziale, della Chiesa per i poveri» (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 2004, 449). Come i cristiani si pongono di fronte a queste significative sollecitazioni? Qual è il rapporto tra la solidarietà e la vita cristiana? Sono domande importanti che sollecitano a riflettere e, al tempo stesso, ad affrontare nuove possibili soluzioni condivisibili.

Le organizzazioni non profit, le cooperative sociali e le imprese sociali - anche ecclesiali - svolgono un ruolo centrale nel coniugare crescita economica, equità sociale ed anche la tutela dell’ambiente, spesso proponendo soluzioni innovative per un futuro più sostenibile per tutti. 

Ma quali sono le sfide del presente che il Terzo settore deve affrontare in questo percorso? Quali gli strumenti e le strategie più idonee per rafforzare il proprio impatto positivo? In occasione di “Prossimità sostenibile”, seminario partecipativo sulla sostenibilità, solidarietà e Terzo settore, che si terrà venerdì 28 marzo, alle 9.30, presso la sede dell’Istituto superiore metropolitano di scienze religiose “don Tonino Bello”, in Via Umbria a Lecce, abbiamo rivolto alcune domande a Salvatore Renna, membro di Fondazione Caritas diocesana Lecce, che insieme al Dipartimento di scienze umane e sociali dell’Università del Salento concorre all’organizzazione dell’evento.

 

Avvocato Renna, l’esortazione apostolica Evangelium Gaudium, di Papa Francesco, ai numeri 197-201, affronta il tema dell’opzione preferenziale per i poveri. In quale prospettiva sociale e umana pastorale opera e agisce Fondazione Caritas diocesana Lecce?

Posto che ogni passo va nella direzione dei poveri, che del Signore sono l’immagine, la Caritas diocesana di Lecce - allo scopo di moltiplicare gli effetti della sua azione in tale prospettiva sociale ed umana - ha di recente costituito la Fondazione Caritas diocesana Lecce (ed il suo ETS) per superare finalmente una serie di ostacoli operativi, che - a causa dell’assenza di una propria identità giuridica e, dunque, dell’impossibilità di agire in modo diretto ed autonomo - di fatto le impedivano o, quanto meno, limitavano grandemente l’azione. Il raggiungimento di tale traguardo “storico” - da anni sollecitato dalla Cei e da Caritas italiana, oltre che da buon senso operativo - ha immediatamente consentito alla Caritas diocesana di Lecce un salto di qualità ed una forte accelerazione operativa, con importanti risultati in tutti gli ambiti in cui svolge tradizionalmente la sua missione. Nel solco della missione e dello spirito fondativo di Caritas italiana, la Fondazione Caritas diocesana Lecce condivide l’obiettivo statutario con Caritas diocesana di Lecce, di cui è il braccio operativo, e ne supporta l’offerta di servizi e la promozione di opere ed iniziative, a tal fine sfruttando la propria specializzazione nel project management e nel fund-raising.

 

Nell’enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco invita i credenti a superare «quell’idea delle politiche sociali concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che riunisca i popoli» (n. 169)? Come gli enti di carattere ecclesiale, come la Fondazione Caritas, si pongono di fronte a questa importante “sfida”?

Caritas italiana nasce nel 1971 con l’obiettivo di superare un approccio “assistenziale e assistenzialista” con un’autentica attività di promozione umana, che liberasse i poveri dalla dipendenza altrui. In coerenza con tale spirito fondativo, tutte le iniziative promosse da Fondazione Caritas diocesana Lecce - senza trascurare il soddisfacimento dei bisogni contingenti quotidiani, che rimangono primari - sono tese a fornire alle persone coinvolte le leve per superare o, almeno, alleviare le situazioni di disagio in cui si dibattono (economico, sociale, sanitario, educativo, ecc.) e, così, affrancandosi da esse, provare a consentirne il reinserimento in un percorso di vita “ordinario”, che - oltre ad una autonomia economica e, dunque, ad una “serenità” esistenziale – porti con sé il ritorno alla partecipazione sociale, democratica ed associativa. Posto tale obiettivo prioritario, una delle principali attività di Caritas e della sua Fondazione (cd di “lobbying e advocacy”), è di farsi portavoce presso gli stakeholder istituzionali e politici delle istanze dei poveri e delle fasce più disagiate della popolazione, a tal fine promuovendo politiche ed interventi per contrastare la povertà. 

 

In che modo i contributi dei relatori come Chiara Del Prete e Massimo Lapucci possono arricchire la comprensione del ruolo del Terzo Settore nell’affrontare le sfide sociali della sostenibilità, sia a livello locale che globale?

Innanzitutto, voglio sottolineare come si tratti realmente di un appuntamento unico per il nostro territorio, posto che – tra gli altri - il seminario dal titolo “Prossimità sostenibile” vedrà eccezionalmente la presenza di Chiara Del Prete e di Massimo Lapucciche - rispettivamente - la prima, in qualità di Presidente di Efrag presso la Ue , ha contribuito alla stesura delle normative in tema di sostenibilità e, il secondo, sulla base della lunga esperienza manageriale apicale, ha di recente pubblicato “Ritrovare l’umano. Perché non c’è sostenibilità senza health, human and happiness”, un saggio di grande successo e risonanza mediatica nazionale, con il quale finalmente si pone l’accento sugli aspetti umani di un argomento finora letto soltanto in chiave economica.  Tanto premesso, è evidente come il loro contributo potrà essere significativo sotto vari profili, con riferimento - principalmente - sia alla comprensione “da dentro” delle norme europee sulla sostenibilità, poi recepite dalle legislazioni nazionali; sia al modo in cui le società si attrezzano ed operano per adeguare la loro attività a tali prescrizioni regolamentari e, prima ancora, per rispondere alla crescente sensibilità di investitori e consumatori verso tali tematiche e, soprattutto, in ultimo, come gli enti del terzo settore possono trarre “profitto” dal contesto di crescente attenzione per il sociale, che - in combinazione con la recente riforma del terzo settore - offre loro opportunità senza precedenti per il raggiungimento dei loro obiettivi.

 

«La Chiesa cammina insieme a tutta l'umanità lungo le strade della storia. Essa vive nel mondo e, pur non essendo del mondo (cfr. Gv 17, 14-16), è chiamata a servirlo seguendo la propria intima vocazione» (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 2004, 19). Un suo personale suggerimento per coinvolgere le nuove generazioni nel percorso di formazione umana e cristiana “sulle strade della storia” in materia di “prossimità sostenibile”.

Il dato di partenza è che la Chiesa vive un momento di difficoltà, che - oltre che a propri errori - è strettamente correlato alla crescente secolarizzazione, che - tra gli altri effetti - ha determinato un progressivo scardinamento dei valori tradizionali, tra cui - in primis - quelli cristiani. E, dunque, oltre ad una disaffezione per i suoi momenti liturgici, per la sua azione pastorale e per le sue iniziative assembleari ed associative, la Chiesa assiste soprattutto ad un allontanamento delle nuove generazioni, vittime della venuta meno di quelle che - un tempo – erano chiamate le “agenzie formative”, come la famiglia (in primis); i tradizionali luoghi di aggregazione e la scuola, che – tra le altre problematiche - sconta una forte crisi di identità e di metodo educativo. Forse per via della mia tensione costante alla concretezza, io ritengo che, innanzitutto, bisogna soffermarsi a riflettere sulle soluzioni per tornare ad attrarre il popolo di Dio e, soprattutto, l’interesse delle nuove generazioni alla vita ed ai valori cristiani, prima ancora di immaginarne le modalità di coinvolgimento. Facendo leva sul bisogno intimo inesauribile del divino connaturato all’animo umano, occorre rimboccarsi le maniche con la passione e l’entusiasmo delle migliori epoche di grande fervore pastorale e catechetico, posto che la Chiesa e, in particolare, le sue strutture ed organismi (come Caritas) devono tornare ad avere uno slancio missionario convinto, autentico ed instancabile, specie verso le nuove generazioni, e non essere - come troppo spesso si vede - un mezzo per il raggiungimento di propri fini professionali, lavorativi od economici o, peggio, per l’appagamento di frenesie ed ambizioni personali. Ciò detto, la tematica della sostenibilità, specie se declinata in chiave umana, prospettiva in cui la Chiesa è maestra, può costituire uno strumento formidabile per il coinvolgimento delle nuove generazioni ed essere l’ossatura del loro percorso di formazione umana e cristiana, in ragione del fatto che esse - come noto - ne hanno una profonda sensibilità, posto che - nella sua accezione più ampia - essa riguarda gli ambiti della salvaguardia dell’ambiente, della promozione del sociale e della correttezza delle prassi gestionali. 

 

 

Forum Famiglie Puglia

 

Mi curo di te, la sanità nel Salento. Radio Portalecce