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Una vocazione al sacerdozio già prepotente quand’era bambino, più forte del volere dei genitori. Questo lo slancio spirituale che ha caratterizzato la vita di mons. Michele Seccia, arcivescovo di Lecce, il quale domenica scorsa ha festeggiato il suo settantesimo genetliaco.

 

 

 

In occasione di tale ricorrenza, il pastore della diocesi del capoluogo salentino si è raccontato ieri mattina a Radio Portalecce, durante la trasmissione “Sentinelle del mattino” (GUARDA E ASCOLTA), condotta da Francesco Buja. Gli studi di filosofia, compiuti sacrificando le vacanze, la gratitudine a Sant’Antonio da Padova in seguito a una guarigione, il grazie ai sacerdoti della diocesi leccese per la continua opera di cristianità.

“Il sacerdozio è una risposta di amore, è una risposta di gioia. È un dire ‘grazie’ con la vita” ha osservato l’arcivescovo, il quale ha sottolineato l’importanza di essere cristiani attraverso i fatti: “La catechesi non è il catechismo: significa cammino, conoscenza, approfondimento, ricerca, domande. Ma se ci sono le domande, ascoltiamo le risposte”.

Mons. Seccia ha parlato dei quattro movimento fondamentali della Lectio divina, della fiducia in Dio, “che prende sempre l’iniziativa”, e fra l’altro, di un sogno: realizzare l’ascensore che porti in cima al campanile, perché si possa ammirare il panorama salentino fra il mare Adriatico e lo Jonio.

 

 

 

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