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In una cattedrale  splendente di nuova luce per il nuovo impianto di illuminazione, presagio della grande gioia pasquale, l'arcivescovo Michele Seccia ha dato inizio ai riti della  Settimana  Santa  con la celebrazione della liturgia della Domenica delle Palme.

 

 

 

All'eucarestia trasmessa in diretta da Portalecce (RIVEDI) e Telesalento ha concelebrato il vicario parrocchiale per le comunità del centro storico, don Andrea Gerardo.

Incisivo e accorato l'invito di Seccia a non guardare a questo tempo di grazia che si apre per la Chiesa come ad un tempo sottotono e scarno, bensì come ad uno  spazio che è concesso alla comunità dei cristiani sparsi nel mondo per puntare all'essenziale: il crocifisso.

Ha detto: "Cari miei, la pandemia che da più di un anno ormai ci sta affliggendo, provocando smarrimento e sfiducia, deve farci contemplare il segreto della nostra rinascita che è  Cristo; guardando a lui, veniamo chiamati alla speranza, alla gioia che non è  il semplice esercizio del sorridere ma la consapevolezza di essere da lui guidati e sostenuti da Lui".

Il brano della passione secondo l'evangelista Marco ha poi dato opportunità  al pastore leccese di  evidenziare due concetti forti e pregnanti per l'itinerario di fede di ogni battezzato: l'identità di Dio e la miseria dell'uomo.

Quante volte si crede ad un Dio forte, spesso fagocitatore della storia dell'uomo, giudice impietoso: dalla croce Egli si dichiara all'uomo come l'innamorato dei suoi discepoli.

Incisive le parole di Seccia: "Fratelli e sorelle, volgendo lo sguardo a colui che hanno trafitto scopriamo quanto amorevole è il nostro Dio che non smette di mettere dinanzi a noi l'esaltante proposta di conversione attraverso il dono totale di sé; non è un atto di eroismo, né di ego smodato. È la forza dell'amore che, se forte e coinvolgente, si offre in modo totale e gratuito".

Dinanzi a questo modello sublime emerge sí la pochezza umana ma si fa spazio la possibilità di una redenzione per l'uomo che non può  restare impassibile proprio davanti al prodigio del Crocifisso  abbandonato.

Ancora Seccia: "Carissimi, abbiamo ascoltato tanti e vari modi di essere che hanno caratterizzato i personaggi di questo racconto; vorrei che ciascuno, pur lasciandosi provocare da una figura di quelle incontrate, giungesse alla medesima professione di fede del centurione che da uomo innamorato del suo io, dinanzi al 'più bello tra i figli dell'uomo', muore a se stesso, raccoglie il coraggio della sua onestà intellettuale e della sua profonda coerenza e, nella professione di fede, da testimone oculare riconosce nel Cristo il Figlio di Dio".

Insieme al vescovo, pertanto, è  tutta la Chiesa di Lecce che con tale giorno ha iniziato il cammino che da Gerusalemme porta al Golgota e al sepolcro vuoto e che, se vissuto con autenticità, le permetterà di cantare l'alleluia pasquale, canto di coloro che con-crocifissi col Signore, insieme a Lui riescono a con-risorgere.

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli

 

 

 

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