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A commento di FOTO (di Arturo Caprioli) e VIDEO (dalla diretta di Teledehon) gli auguri della diocesi di cui si fa portavoce il vicario episcopale don Damiano Madaro. Portalecce oggi ripropone il racconto attraverso le immagini di una giornata indimenticabile: un anno fa, il 2 dicembre 2017, l’ingresso del nuovo pastore - l’arcivescovo Michele Seccia - e l’abbraccio di gioia e di comunione della Chiesa di Lecce.

‘Adiutor gaudi vestri’. Sono le parole che chiudono e illuminano il suo stemma episcopale. Sono le parole che Lei, vescovo Michele, ha scelto per esprimere al meglio il senso di quel servizio alla Chiesa che come successore degli apostoli è chiamato a svolgere: annunciatore della Risurrezione di Gesù, testimone del vangelo della gioia e della gioia del vangelo.

“Vengo in mezzo a voi come collaboratore della vostra gioia”. Sono le prime parole che lei ha rivolto alla Chiesa di Lecce nel suo primo messaggio e nel primo incontro avuto con il popolo di Dio nella Chiesa Cattedrale il 2 Dicembre 2017.

Allora le stesse parole erano una promessa, un programma. Oggi quelle parole esprimono la storia di un anno che possiamo scrivere nel libro bianco che i giovani le regalarono come segno di impegno e profezia nel giorno dell’inizio del suo ministero di pastore della nostra comunità diocesana. Vogliamo tratteggiare i passi, i momenti, i colori di un quadro, un acquerello che sfuma i contorni di una storia che è sintesi, comunione di tante storie, di tante esperienze, di tanti incontri che sin dal primo giorno ha voluto e vuole continuare a vivere con tutti e con ciascuno. A volte tinte tenui e scontornate, a volte tinte forti e ben definite. Ha incontrato comunità, parrocchiali e non, gruppi, associazioni, movimenti. Ha incontrato bambini, giovani, famiglie, anziani. Ha incontrato i malati, i suoi amici più cari che sin da giovane ha amato quando da seminarista faceva il barelliere nei treni dell’Unitalsi. Si è lasciato accompagnare ovunque la sua presenza poteva essere necessaria e significativa. 

Se in questo momento lei avesse la opportunità di fermarsi, cosa che certamente avrà fatto, per rivedere fotogramma per fotogramma i tanti volti delle persone che l’hanno avvicinata e che lei ha accolto, ascoltato, amato... quante storie, quante sofferenze, quanti bisogni, quante mani. Quanti fratelli sono quelli che Gesù le ha affidato quando le ha detto “pasci i miei agnelli”. Sono coloro ai quali, ne siamo certi, conoscendola un pochino più da vicino, si è sempre sforzato di donare, in piccoli frammenti tutto il vangelo della gioia che solo nella carne, nell’umanità dei pastori, nella sua di umanità , può trovare la sua via di comunicazione più vera, credibile, più sperimentabile. Trova la sua sacramentalità.  

E l’umanità, la carne del pastore, non sono pura astrazione, ma rimandano al cuore stesso del mistero della nostra fede: Il Verbo di Dio si è fatto carne, ha preso su di se la natura umana, si è lasciato coinvolgere in tutto da essa. E oggi il Verbo di Dio vuole continuare a farsi carne, vuole continuare a rivestirsi di umanità per continuare a salvare l’umanità e perché la carne dell’uomo, unita a Cristo Gesù, possa diventare Verbo.

Carne, umanità. Una parola, un sorriso, una battuta dialettale, una pacca sulla spalla, uno sguardo, forse anche un po’ in tralice, più eloquente di qualunque altro discorso. La fatica delle riunioni, del confronto per capire, per chiarire, per indirizzare. Eppure sempre la stessa esperienza, quella del Maestro che si fa compagno di strada nel ritorno a casa dei discepoli di Emmaus. Anche loro affaticati, confusi, dubbiosi, tristi, delusi, disillusi... eppure accanto a loro un viandante, all’inizio sconosciuto, ma poi sempre più vicino, più prossimo, più amico. Un amico che chiede, ascolta, condivide, incoraggia con parole antiche e nuove al contempo. Spezza il pane. Dona luce, aiuta a comprendere. Dona gioia. La gioia della Risurrezione, la gioia della presenza di Gesù risorto che si manifesta, la lieta notizia della Pasqua. La vera gioia. Quella che lei definisce “non quella della discoteca” ma quella che accompagna ed è frutto della vita buona del Vangelo.

“Collaboratore della vostra gioia”. Non è il titolo di un libro, né di una lettera pastorale. Quelli vengono dopo. Dopo l’ascolto, dopo l’aver condiviso un pezzo di strada, l’aver misurato le forze. Dopo essere cresciuti nella conoscenza e in quella fiducia reciproca che si genera dalla autenticità delle relazioni che sola permette di mettere in comune, con libertà e semplicità, ricchezze e limiti, momenti di grande slancio e occasioni di stanchezza e scoraggiamento. Dopo l’aver condiviso i sogni di ciascuno sulla comunità per farli diventare un unico grande sogno sulla Chiesa di Lecce.

Un sogno che poi diventa meta condivisa, percorsi pensati e proposti a tutta la comunità. Un libro, una lettera pastorale che vengono solamente dopo aver alzato insieme lo sguardo verso un orizzonte che unisce la terra e il cielo e che non è solo nostro perché non lo scegliamo noi da soli. É l’orizzonte di una storia sacra, una storia di salvezza. La storia di una vita, quella bella del vangelo, che Dio vuole scrivere insieme con noi. Per la vita del mondo, per la vita della Chiesa di Lecce. Una storia sacra che vogliamo continuare a scrivere insieme con Lei, pastore e padre, per essere anche noi “collaboratori della gioia” dei nostri fratelli.

Auguri.

 

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