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Passaggio, sepolcro, speranza: sono questi i tre punti su cui si è articolata l'omelia (VAI AL MINUTO 54) pronunciata ieri sera nella cappella del seminario di Lecce dall'arcivescovo Michele Seccia nel solenne pontificale del giorno di Pasqua.

 

 

 

Dov'è la singolarità di questa festa, centrale per il cammino dei discepoli del Signore?

Nel passaggio: dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, dal non senso ad una esistenza piena di Dio.

Occorre, però, ri-andare al sepolcro, non per commiserare, né per meravigliarsi, quanto per farsi abitare dal Cristo.

Solo se pervasi da Lui i cristiani potranno fare esplodere la gioia, tratto essenziale di una vita, trasparenza del Vangelo.

Quando questo succede, a farsi largo in noi è la speranza, capacità di leggere oltre gli avvenimenti materiali per scoprire che al di là di tutto "Cristo mia speranza è risorto e ci precede in Galilea" (dalla sequenza pasquale).

In questa Galilea del nostro mondo, della nostra città, incarniamo e testimoniamo il Risorto, Colui che vive per sempre e che trasfigura ogni vita che si lascia da Lui toccare.

 

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