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“È qui, nel cimitero della città, che vogliamo ricordare in modo particolare coloro che hanno perso la vita per il Coronavirus”.

 

 

 

Così l’arcivescovo di Lecce, Michele Seccia nel momento di preghiera  (CLICCA QUI), voluto dalla Conferenza episcopale italiana, di questa mattina al cimitero di Lecce, per ricordare - mentre le campane delle chiese della città suonavano a lutto  (VIDEO SOTTO)-e pregare per le vittime del Covid-19 e per coloro che sono tornati al Padre e che, a causa delle misure cautelative predisposte dal governo, non hanno potuto beneficiare della preghiera della comunità e della liturgia esequiale in chiesa.

“Ma da questo luogo - ha proseguito Seccia - ricordiamo e incoraggiamo tutti coloro che, mettendosi a servizio degli altri nell’esercizio della propria professione rischiano ogni giorno la loro vita: dagli  infermieri, agli assistenti degli anziani, i medici, i professionisti, gli operai, coloro i quali hanno prestato la propria opera nela casa di riposo di Soleto”.

“Sono tante le domande - ha osservato l'arcivescovo - che si pongono alla nostra intelligenza umana e alla nostra esperienza, ma davanti agli imprevisti, ognuno di noi è invitato a recuperare il senso autentico dell’esistenza ed il valore grande della speranza animata dalla carità, che vuol dire solidarietà, che vuol dire portare i pesi gli uni degli altri, gli uni con gli altri. E allora non c’è più differenza né di sesso né di professione, ne di età ne di categoria sociale, ma tutti, come creature, come persone abbiamo questo dovere. Ecco perché non può mancare il ricordo, la memoria, il suffragio per tutti coloro ci hanno preceduto in questa esperienza di sofferenza e anche di morte”.

 “Questo momento - ha continuato - vuole essere una parola di speranza per l’uomo, per la persona, per ogni credente, perché da Dio veniamo ed a Dio andiamo. È vero che veniamo da un atto di amore, che diventa atto di responsabilità: quella responsabilità che ci riguarda tutti, senza alcuna distinzione. È questo che dà senso, valore, e direi anche che giustifica come dovere, la sensibilità che abbiamo nel ricordare tutti coloro ci hanno preceduto nella morte a causa del virus. Cresce il numero, purtroppo, ma non possiamo restare indifferenti. Ma non possiamo nemmeno lascarci andare a considerazioni pessimistiche, quasi ad una condanna che pende sul nostro capo. È l’esperienza della fragilità, la consapevolezza del nostro limite, consapevolezza che in virtù di ciò che noi siamo, siamo stati, e continuiamo ad essere nella vita quotidiana e nelle nostre relazioni: tutto questo ha un valore che va anche oltre la morte. Ecco il senso della memoria, della preghiera, della solidarietà. Non è una tragedia che commuove, e passata la commozione, passato il momento, viene archiviata. È la consapevolezza di un’esperienza che ci riguarda tutti, ma attraverso la quale continuiamo a prendere coscienza della dignità della nostra vita. È arrivato il momento di recuperare le autentiche relazioni umane, nel sostegno reciproco e di quella solidarietà che ci rende tutti responsabili gli uni degli altri”.

“Fratelli e sorelle - ha poi esortato con lo sguardo teso verso la speranza -, giovani, anziani, genitori, non perdiamo la speranza, non lasciamoci prendere dal pessimismo. Tutt’altro, crediamo fermamente e fortemente che anche questa situazione di crisi dovrà passare, ma ci lascerà una eredità pesante, e non solo in relazione a tutti coloro che stanno soffrendo e lasciando questa vita. Pesante per noi se continueremo a vivere come vivremo, se anche questa esperienza sarà stata una lezione di vita per recuperare quei valori che rendono la vita degna di essere vissuta. Non è solo un fatto ideale ma esperenziale, messo alla prova giorno per giorno, e che ci invita tutti a diventare più consapevoli del segno che possiamo e dobbiamo lasciare nel nostro passaggio su questa terra, in termini di bene, di fiducia, di amore, di speranza, di coraggio, di solidarietà, di perdono, guardando avanti,  dandoci la mano e andando verso il futuro. Un futuro che oggi vediamo incerto, ma che diventerà migliore se sapremo dare un valore, se sapremo cogliere la lezione che questa esperienza di sofferenza collettiva lascierà nel nostro cuore e nella nostra vita”.

“Cristo - ha concluso il pastore prima di pregare e di benedire tutti i defunti sepolti nel camposanto - ci dona una parola di speranza. Accogliamola, e affidiamo alla sua misericordia tutti i nostri fratelli che ci hanno preceduto, e coloro i quali oggi stanno ancora soffrendo, che non hanno piena coscienza, consapevolezza del futuro che li attende. Voglia il signore accogliere nella Sua misericordia quanti ci hanno lasciato per questa pandemia”.

Anche il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini ha voluto portare il suo personale contributo nel ricordare le vittime del Coronavirus: “Ringrazio l’arcivescovo per questo importantissimo momento di ricordo di quanti sono morti ad opera di un virus sconosciuto, imprevedibile e violento. E di ricordo anche di quanti in questo ultimo mese ci hanno lasciato senza poter avere il conforto familiari a causa delle disposizioni in materia igienico-sanitaria. Viviamo un tempo nel quale ci si impone di essere distanti socialmente ma non ci viene impedito di essere vicini emotivamente e connessi spiritualmente. In un momento in cui sono inevitabili sentimenti di afflizione, paura, preoccupazione, rabbia, dobbiamo preservare l'umanità, sentendoci vicini gli uni agli atri. Perché l'amore è il più potente sistema immunitario di cui disponiamo”. 

“Mi associo - ha concluso il primo cittadino del capoluogo - alle parole dell'arcivescovo per ricordare a tutti i leccesi che oggi sono nelle loro case che non sono soli. Le Istituzioni sono vicine a quanti più di altri in questo momento soffrono. Presto questo tempo sospeso sarà alle spalle. È richiesta una ulteriore dose di pazienza. Poi si dovrà fare ricorso alla tenacia, alla tempra, al coraggio e all’audacia per guardare al futuro con l’ottimismo e la fiducia che sono doti riconosciute degli italiani e dei leccesi”.

 

 

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