Con l’imposizione del sacro pallio da parte di Papa Leone XIV il prossimo 29 giugno nella basilica di San Pietro, l’arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta entra nel novero dei metropoliti della Chiesa di Lecce.
Una cerchia, quella dei metropoliti leccesi, ancora molto ristretta. Sebbene infatti la sede vescovile della nostra città sia molto antica (addirittura risalente al I sec., se si accetta la tradizione locale che identifica in Sant’Oronzo un discepolo dell’apostolo Paolo) tuttavia essa, storicamente, è sempre stata sottoposta alla cattedra episcopale di Otranto.
Fu soltanto a partire dal 28 Settembre1960 che la diocesi leccese fu sciolta dalla sua secolare suffraganeità nei confronti della Chiesa Idruntina, divenendo immediatamente soggetta alla Santa Sede, in virtù della Bolla Cum a nobis di Giovanni XXIII.
Il ribaltamento totale del legame tra le due chiese sorelle avvenne però nel 1980 allorquando Giovanni Paolo II, nel contesto di una profonda revisione delle province ecclesiastiche pugliesi, elevò Lecce al rango di arcidiocesi metropolitana. Da quel momento i vescovi otrantini conservarono sì il titolo onorifico di “Primate del Salento” ma il pallio sarebbe stato indossato dai presuli del capoluogo: il primo a farlo fu mons. Francesco Minerva (1981).
Dopo di lui, Michele Mincuzzi, Cosmo Francesco Ruppi, Domenico Umberto D’Ambrosio, Michele Seccia e, da domenica prossima, Angelo Raffaele Panzetta.
Il pallio simboleggia, in maniera nitida, la piena comunione con la Sede Apostolica Romana e la potestà che, attraverso di essa, viene acquisita da chi lo indossa sulla propria giurisdizione. Una volta ricevuta l’imposizione, i metropoliti potranno sì indossarli ma esclusivamente all’interno dei confini della propria diocesi e di quelle suffraganee perché solo il Pontefice Romano ha la facoltà di portare il pallio in qualsiasi luogo od occasione.