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Questa mattina, 13 gennaio, il ministro Speranza ha riferito alla Camera di una situazione pandemica in nuovo aggravamento, non solo in Italia, che richiederà il prolungamento dello stato di emergenza almeno fino al 30 aprile; ha ricordato e illustrato lo sforzo enorme che si sta compiendo, con risultati rilevanti, nella campagna per i vaccini.

 

 

In nottata il Consiglio dei ministri aveva dato il via libera, sia pure con l’astensione delle due ministre di Iv, alla declinazione italiana del Recovery Plan, che dovrà essere portata in Parlamento e al confronto con le parti sociali prima di approdare a Bruxelles. Intanto, l’esecutivo si appresta a chiedere un nuovo scostamento di bilancio per finanziare ulteriori ristori economici a fronte delle nuove chiusure, di cui sapremo nel dettaglio con il dpcm in arrivo a strettissimo giro. Ma su tutto incombe una crisi di governo innescata da uno dei partiti della maggioranza e di cui tuttora non si conosce l’esito, anche perché formalmente non si è ancora materializzata. Una crisi che, persino a prescindere dalle sue motivazioni reali o dichiarate, appare assurda agli occhi dei cittadini alle prese con i contagi e il loro tragico corredo di morti, con le conseguenze economiche della pandemia, che in molti settori (non tutti, bisogna pur dirlo) sono estremamente gravi, e con il suo devastante impatto sociale che invece non risparmia nessuno. E appare assurda anche agli occhi dei nostri partner europei, tanto più quelli che più si sono spesi per sostenere un Paese di cui la Ue non può fare a meno (ma è una necessità reciproca, checché ne dicano i sovranisti di casa nostra).

A questo punto l’unico passaggio che pare sicuro è il ritiro delle due ministre di Iv. Ma tra poche ore lo sapremo ufficialmente. Dopodiché gli scenari che si prospettano sono tutti da verificare. Conte sostituirà subito le due ministre o assumerà l’interim per dare ancora tempo al confronto tra i partiti? Salirà comunque al Quirinale per dimettersi? Affronterà il Parlamento per cercare la fiducia direttamente in Aula? Potrà contare sulla futuribile nascita di un gruppo parlamentare (i cosiddetti “responsabili”) in grado di sostituire a pieno titolo i renziani nella maggioranza? E se la situazione dovesse precipitare si andrà inevitabilmente alle urne o no? Conforta sapere che in questi passaggi sarà cruciale il ruolo del presidente della Repubblica che tutti gli osservatori descrivono molto amareggiato. Conforta perché sappiamo che si muoverà esclusivamente nell’interesse del Paese e sempre lungo i binari della Costituzione. Ma Sergio Mattarella non ha la bacchetta magica. A tutti è richiesto un sussulto di responsabilità. Forse si è ancora in tempo.

 

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