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«Questo povero grida»… se non lo facciamo noi insieme a loro lo faranno le pietre, le piante, i mari, i fiumi, la terra, il cielo, gli animali e grideranno a Dio per i tanti che non sono ammessi al banchetto della convivialità in questa nostra società.

Eppure il povero è paradossalmente il più grande benefattore perché ci permette di essere donne e uomini veri, dal cuore grande, attento all’altro: questo anonimo che ci passa accanto, che parla con gli occhi che sono specchio misterioso di una presenza di luce, con le mani tese che cercano l’incontro di sguardi, il calore di mani, le parole di amicizia, i passi in sintonia, il futuro condiviso, i cuori umani capaci di battere all’unisono.

Ogni giorno è tempo di guardarsi dentro per vedere, custodire, trovare, ascoltare, parlare di una umanità che cerca la strada maestra del suo presente e del suo futuro nella condivisione di pensieri, di gioie e dolori, fatiche e speranze. Se il cuore è abitato dall’altro mi accorgo che nulla sono senza l’altro. Non sono me stesso; non sono persona; non sono cittadino della storia; non sono discepolo di Cristo; non sono la Chiesa di Gesù Cristo, maestra di umanità, portatrice di una Parola che illumina, esorta, guarisce, osserva la miseria e scende a liberare la persona che purtroppo continua ad essere defraudata della sua dignità, durante il suo cammino da Gerusalemme a Gerico, proprio come ha fatto e fa il suo Signore. Quando ciò avviene il mondo cambia, gli uomini si tengono per mano, costruiscono ponti. Le valli sono riempite, i colli dell’io e dell’interesse personale sono abbassati e tutti vedremo lo splendore della comunione, il calore della fraternità, il domani non di paura, ma di gioiosa speranza.

L’esodo dei popoli terminerà quando ogni uomo guardandosi riderà di sé, gioirà per la solidarietà della comunione ritrovata e accolta; quando i discepoli del Cristo povero si convertiranno a Lui non attraverso una asettica frequenza ai riti domenicali senza il povero, ma quando combatteranno, soprattutto nella quotidianità, per la dignità della persona, per i suoi diritti; quando non si accontenteranno di assistere, ma di promuovere chi è in difficoltà.

La Chiesa di Cristo non offre solo il pane, ma combatte perché ogni persona sia fiera di esserlo. Allora l’impegno per il povero diviene opportunità urgente di essere di più, di essere quello che siamo chiamati ad essere: figli di Dio e fratelli in cammino verso il Regno. Il povero, in modi a volte anche bruschi, ci invita a fare il passaggio, cioè Pasqua, dalla schiavitù dell’io alla libertà dei figli di Dio; ci fa entrare nella dinamica della Pasqua, del passaggio dalle tante forme di schiavitù alla gioia della libertà piena e vera offertaci. Se abbiamo incontrato l’amore accogliendolo nel povero: ero affamato, assetato, nudo, carcerato, straniero, noi veniamo trasformati in Colui che si è fatto povero per noi. Il mistero del discepolo di Cristo non è espresso solo dal sacramento celebrato, quanto dal povero accolto, servito, amato, promosso. Quando il cuore nostro è abitato da moltitudini oppresse dai vari mali, siamo nella e per la storia degli uomini tanti segni del Verbo di Dio che per noi è nato povero; per noi è stato condannato ingiustamente; per noi è morto con i malfattori. Mai indifferenza verso la persona, perché questo significherebbe non accogliere Cristo!

Allora donare per essere, per poter cantare insieme al creato - che nelle ultime settimane con un suo duro linguaggio, purtroppo, ha manifestato il cuore di tanti uomini - la bellezza, la luce del sole, delle stelle, della luna; l’armonia del cosmo intero stupìto e attonito davanti al nostro sorriso verso il fratello che ci chiede e riceve ascolto.

Vogliamo cantare a Dio insieme al creato? Accogliamo il povero, serviamolo e insieme canteremo al Padre che ha nascosto queste cose ai sapienti e le ha rivelate ai piccoli, ai poveri.

                                                                                                                       

 

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