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Certo, serve l’azione repressiva. Ma non basta. Come non basta dare vita a movimenti che invocano o predicano la virtù, di cui si proclamano peraltro gli unici detentori. Abbiamo visto la parabola del partito di maggioranza relativa alle ultime elezioni politiche, quelle del 2018 e da allora sempre al governo. Come anni prima altre parabole dal ciclo non dissimile.

Ci risiamo. Ancora una volta una (ex) parlamentare è coinvolta, insieme con altri, stavolta di area leghista, in una vicenda di corruzione: ancora una volta è “tangentopoli”, questa volta in salsa europarlamentare. Per carità, nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva, come si deve giustamente sempre avvertire. Ma il copione sembra visto e rivisto.

Oramai non ci stupiamo più.

Eppure questo ennesimo episodio di una infinita Tangentopoli che si dipana negli interstizi del sistema, sulla destra come sulla sinistra, impone di riflettere sulla qualità e sulle prospettive del nostro sistema della rappresentanza politica. Che non gode certo di buona salute. E non solo per le mille “tangentopoli”, ma perché la cleptocrazia che l’affare “Mensa di poveri” manifesta, è uno dei segni dello spappolamento dei partiti. I partiti sono contenitori guidati da leader più o meno carismatici, che gestiscono il sistema della comunicazione, ma sono composti da migliaia non di dirigenti o militanti, ma piccoli imprenditori di sé medesimi, legati da vincoli labili, tutti tesi a procacciarsi le necessarie risorse per l’attività politica stessa.

Nel 1974 il finanziamento ai partiti (attraverso i gruppi parlamentari) era stato giustificato da uno scandalo di tangenti. L’abolizione del finanziamento è stato decretato, prima venti e poi, in termini praticamente definitivi quaranta anni dopo, sempre a causa dell’emergere di finanziamenti illeciti. Che proseguono, come periodicamente dobbiamo constatare in seguito alle inchieste penali.

‘Certo non si può fare politica senza risorse, come qualcuno continua a sostenere prendendo in giro l’opinione pubblica. Il tema è come si usano queste risorse e che provenienza hanno. E questo è uno dei buchi neri di questi anni di decadenza, della politica italiana e, purtroppo, del nostro stesso Paese, da tempo ormai in fondo alle graduatorie sulla crescita nell’Europa comunitari’.

Per realizzare effettivamente quella grande operazione trasparenza sul finanziamento della politica che reclamiamo da oltre 25 anni, dai tempi di Tangentopoli, serve prima di tutto una grande operazione verità.

E qui purtroppo continuiamo ad essere carenti. Moneta cattiva scaccia quella buona: è una delle regole di fondo dell’economia. La politica cattiva, ovvero corrotta, scaccia quella buona.

Per questo sì, certo, serve l’azione repressiva. Ma non basta. Come non basta dare vita a movimenti che invocano o predicano la virtù, di cui si proclamano peraltro gli unici detentori. Abbiamo visto la parabola del partito di maggioranza relativa alle ultime elezioni politiche, quelle del 2018 e da allora sempre al governo. Come anni prima altre parabole dal ciclo non dissimile.

Servono due cose. Permettere ai migliori di fare politica e impostare la politica sui contenuti, sui fatti, cioè sulle politiche.

Questo comporta una responsabilità di noi elettori e cittadini. Che però forse non siamo abbastanza convinti da reclamarla con grande, grande convinzione e una forza adeguata. Che sia questa la missione oggi dei cattolici italiani?

 

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