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Nello stile di mons. Michele Seccia, si trattato di un discorso “programmatico” che serve, evidentemente, a preannunciare una serie di iniziative pastorali.

E se allora non ci inganniamo, dobbiamo pensare che nelle prossime settimane l’arcivescovo tornerà sul tema della “speranza”, attorno al quale ha imbastito il suo messaggio alla città.

La speranza, insieme alla fede e alla carità, è una virtù che caratterizza la vita cristiana, germina dalla fiducia incondizionata verso i doni dello Spirito.

L’uomo d’oggi spesso confonde la speranza con il desiderio: spera nella vincita al totocalcio o nella buona riuscita di un compito difficile.

La speranza cristiana è certezza, demarca un futuro che è già presente; determina ed orienta l’iniziativa della persona; anzi, si realizza nell’incontro delle opere dell’uomo con l’iniziativa del Signore.

Proprio per questo non è un sentimento, ma un comportamento. Muove le montagne, affronta i problemi, scuote i cuori.

Nel suo breve discorso, mons. Seccia ci ha mostrato uno sterminato campo d’azione.

“Noi, stasera – dice l’Arcivescovo alla città di Lecce - davanti ai simulacri dei nostri Santi Patroni, ci impegniamo a trasformarti in una città migliore, in una comunità unita e forte. A riscoprire il valore della legalità, non solo rispettando le regole, ma soprattutto diventando, nel nostro piccolo “primi cittadini”, cioè appassionati responsabili del nostro condominio, della via in cui abitiamo, del nostro quartiere. Lecce mia, noi ci impegniamo ad amarti di più, vincendo la tentazione dell’indifferenza ed orientando ogni nostra fatica verso il bene comune. Siamo pronti ad aprire la porta di casa e del cuore a chi è in credito con la vita e con la fiducia”.

Un mirabile saggio di vera, autentica, speranza per la città del 21° secolo. Chi spera davvero, cinge il grembiule ai fianchi e si mette all’opera.

Con l’aiuto dello Spirito, grandi cose si possono realizzare, a vantaggio del bene comune e della salute dell’anima.

 

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