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La fervida emozione e l’intensa festa per lo svelamento della facciata restaurata della Basilica di S. Croce inducono a considerare ulteriormente alcuni elementi dello straordinario splendore artistico salentino.

È interessante riflettere insieme su quanto ha detto l’arcivescovo mons. Seccia: “A Lecce, c’è un patrimonio inestimabile che non è solo attrazione per i turisti, ma anche momento d’incontro per la comunità che se ne appropria sempre più. Entrare in chiesa anche solo per una preghiera e sentirsi circondato dalla bellezza avvicina a Dio. Questi beni sono trasmissione di valori e di cultura”.

Si tratta di ritrovare, mediante la contemplazione e l’attenzione al linguaggio delle figure e delle diverse forme artistiche, il senso e il valore più intenso della “via della bellezza”, per incontrare l’Assoluto.

Proprio in un momento storico in cui, secondo un’espressione di Papa Francesco è presente “l’idolatria dell’immanenza”, c’è bisogno di accompagnare l’uomo contemporaneo verso l‘imperitura e assoluta Bellezza divina.

Contemplare sulla base di dati storici e artistici la basilica è già molto valido e coinvolgente.

È, così, di grande interesse, ad esempio, conoscere che Mario Manieri Elia, nel 1997 abbia intitolato una presentazione dei lavori di restauro allora compiuti “Santa Croce. Un monumento a crinale fra due epoche”.

O che a sua volta Marcello Fagiolo, leggendo nella splendida chiesa barocca l’esaltazione della Croce e la Gerusalemme Celeste, abbia sottolineato: “l’architettura parlante di S. Croce appare concepita come segno del trionfo e come teatro della storia”.

O che il prof. Mauro Matteini, del Consiglio scientifico dell’Opificio delle pietre dure di Firenze e consulente per i restauri degli ultimi due anni, domenica scorsa abbia comunicato essenziali novità, dichiarando di aver “puntato sulla compatibilità dei trattamenti usati, durevoli e poco invasivi”...

Vedere e conoscere una chiesa, però, non significa solo ammirare un’incantevole testimonianza culturale: la luce del Bello può essere pure preziosa e feconda opportunità per suscitare un’attenzione spirituale, ravvivare un interesse religioso, stimolare il risveglio di un rapporto forse semplicemente sopito con il divino, entrare nel profondo del proprio animo ed elevarsi verso l’Assoluto.

In questo contesto, acquisisce ulteriore valore l’affermazione di mons. Seccia: “Avverto il peso e la responsabilità di mantenere lo splendore dell’arte legata alla religiosità, alle nostre chiese”.

Restituire la Basilica restaurata alla città significa, quindi, riconsegnare alla comunità l’antica e indissolubile relazione della fecondità cristiana tra fede e cultura.

Mediante l’Arte capace di esprimere nel tempo l’eterna Bellezza. Che è Dio stesso.

Foto di Arturo Caprioli

 

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