Portalecce rilancia volentieri un articolo redatto da don Luigi Manca, docente di teologia patristica, dal titolo “Il pessimismo e la speranza nel Sant’Agostino di Leone XIV”, apparso giovedì 29 maggio 2025 su “Nuovo Quotidiano di Puglia”.
“Saluto tutti voi con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Confessioni, 1, 1.1)”.
Con le parole con cui il vescovo d’Ippona inizia la sua opera più famosa, le Confessioni, l’agostiniano Leone XIV inaugura il suo ministero di pontefice. Queste parole rappresentano il “filo rosso” che attraversa tutti e tredici libri del capolavoro agostiniano; infatti, sono il riflesso perfetto del travagliato cammino di ricerca del giovane Agostino, innamorato dell’amore (amabam amare), cercatore inquieto di bellezza e di verità, del suo approdo a Cristo, patria e via nello stesso tempo.
In questa ricerca, in questa inquietudine, in questo approdo, da cui si riparte per cercare ancora: ti ho cercato, Signore, per trovarti, ti ho trovato per cercarti ancora, è fotografato l’essere umano nel suo esistere concreto, è presente un modo di porsi nella storia, è intercettato un immenso bisogno di umanità.
L’incipit delle Confessioni, una espressione letteraria che custodisce e rilancia nel tempo un desiderio di umanità che ha voglia di vivere e non si rassegna a sopravvivere, di una umanità che diventa essa stessa una domanda di umanità, una apertura di orizzonte, diventa l’incipit del nuovo Papa, come egli stesso afferma: “…il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi”.
La grandiosità del pensiero di Agostino si manifesta soprattutto per la sua attualità. Nel trascorrere dei secoli egli rimane sempre in prima pagina nel grande giornale della storia. In un certo senso, Agostino ha superato il test del tempo perché si è rivolto all’eterno che è nell’uomo.
Leone XIV viene dato alla Chiesa, come egli stesso dice, tramite l’elezione dei cardinali riuniti in conclave, “per custodire” e nel contempo “gettare lo sguardo lontano”, cogliere le istanze profonde dentro una società che cambia velocemente e rischia di spazzare via la memoria dell’umano.
San Giovanni Paolo II, in occasione del XVI centenario della conversione di Agostino, lo ha definito: “il padre comune dell’Europa cristiana”. Per il filosofo Karl Jaspers, Agostino è la figura più originale del pensiero cristiano e l’influenza esercitata sul pensiero occidentale è la più vasta di tutte (Augustin, München 1976, p. 7). E Marrou aggiunge: “uno dei rari pensatori di cui i non cristiani conoscono l’esistenza e al quale danno almeno un posto nell’evoluzione dello spirito umano” (Agostino e l’agostinismo, Brescia 1990, p. 144). Lucien Jerphagnon, nel suo libro Sant’Agostino e la saggezza, manifesta la sua meraviglia per il modo in cui Agostino ha vissuto e insegnato la saggezza, e come la presenza divina da lui vissuta così intensamente non lo ha portato alla vita eremitica. Per l’Ipponense la saggezza non consentiva di ritirarsi dal mondo ma di conoscerlo meglio per viverci nella maniera più efficace. Con Agostino si fa strada un modo nuovo per essere vicino ai propri simili e a Dio: conoscere attraverso un conoscersi. La filosofa Maria Zambrano riconosce il merito a Sant’Agostino di aver capito le dinamiche profonde dell’essere umano, animato simultaneamente dalla speranza ma anche dalla disperazione e dunque di aver assimilato il pessimismo greco, nascosto nel volto bucolico, facendolo confluire nella speranza cristiana. Per la Zambrano con Agostino nasce l’uomo nuovo che fa nascere l’Europa, che è l’uomo interiore così come affiora nelle Confessioni (L’agonia dell’Europa, Venezia 2009, p. 67).
Il fascino e la solidità del pensiero agostiniano, dunque, rimbalza di secolo in secolo, senza mai esaurire le istanze che la mente umana ha presentato a se stessa, stimolata dai suoi scritti.
Il 13 maggio scorso, Papa Leone si è recato in visita presso l’Augustinianum, dove ha sede l’Ateneo patristico e la Curia generalizia degli agostiniani. Per l’occasione ha detto: “Ho dovuto rinunciare a molte cose, ma non rinuncio ad essere Agostiniano”. È quanto ha confidato a Padre Alejandro Moral Antón, priore generale dell’Ordine, testimoniando il legame profondo con la spiritualità agostiniana.