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Ci sono momenti nella vita di una famiglia, di una comunità, di una Chiesa... nei quali la croce pesa molto di più del solito e fa sentire forte la fatica, a volte insopportabile, di una sequela tutta in salita.

Sono i giorni in cui il buio tenta di spegnere anche l'ultimo bagliore di una fiamma e il sole sembra essersi eclissato per sempre. Sono i tempi in cui il silenzio è la più palese epifania della sofferenza. E la preghiera, in una notte senza stelle, un “disperato” grido di aiuto. Un porto sicuro col mare in burrasca. Un tabernacolo di intimità infinita.

Quelli appena trascorsi non sono stati giorni tra i più felici. Lo dice anche San Paolo: “se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme”. E così è anche a Lecce: perché nelle storie di Chiesa la sofferenza è contagiosa così come lo è la gioia vera.

Oggi, però, celebriamo insieme la Messa del Crisma. Una grande occasione per la Chiesa di Lecce per stringersi forte al suo pastore, per ricompattarsi intorno all'altare sul quale il sacrificio diventa memoria e condivisione. Festa di comunità, cioé.

Oggi la Chiesa di Lecce nella preghiera corale ritrova la sua unità rispolverando - come fanno le mamme in casa quando programmano le pulizie di primavera - le ragioni della sua speranza. Che non è mai stata un sogno che svanisce ma il volto di un uomo appeso ad una croce, trafitto dai chiodi nelle mani e nei piedi e insanguinato nel capo da spine conficcate oltre i capelli e sulla fronte.

Bella speranza! Bella sì. Perché con la Messa del Crisma spunta il primo raggio della lunga giornata sacerdotale, preludio dell'alba del primo giorno dopo il sabato. Stasera, prima dell'Eucaristia, in un momento di comunione e di preparazione alla grande concelebrazione, l'arcivescovo farà dono a tutti i nostri sacerdoti di alcuni pensieri di Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia.

L'ultima sua predica al Santo Padre e alla Curia, nella Quaresima appena terminata, aveva per titolo: “Dio ha scelto ciò che è stolto per il mondo per confondere i sapienti”. Coincidenza? Improbabile. Provvidenza, con certezza. Di quella divina, capace di sparigliare le carte e mandare all'aria calcoli, progetti, presunzioni. Non super-uomini, dunque, i preti. Ma peccatori super-innamorati della croce e del sepolcro vuoto.

Stasera, davanti alla comunità riunita in preghiera per loro, ridaranno smalto e lucentezza agli impegni della consacrazione a Dio, alle promesse fatte inginocchiati davanti al vescovo il giorno dell'ordinazione sacerdotale, al patto d'amore con il popolo loro affidato. Riconfermeranno, dunque, la volontà di continuare ad essere cirenei della grazia. A loro, infatti, il pastore consegnerà gli Oli benedetti, gli “attrezzi” della misericordia: per curare le ferite e risanare di tenerezza sacramentale la vita degli uomini.

Una lunga giornata sacerdotale, dunque, che domani, Giovedì Santo, vivrà il secondo  e il terzo tempo. Con la lavanda dei piedi i nostri preti metteranno ancora a nudo, pubblicamente, il senso della loro vita: servire. Con la celebrazione dei divini misteri manifesteranno il senso del loro servizio: fate questo in memoria me.

Per un giorno almeno, anziché accusarli, criticarli, beffeggiarli, pregheremo per loro, per la loro vita e perché la santità non sia solo l'oggetto delle loro prediche ma diventi il dono di testimonianza che regaleranno in dote ad ogni uomo.

 

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