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Tra le centinaia di aforismi sulle verità reperibili in rete ce n'è uno di Gianni Rodari che così recita :"nel paese della bugia, la verità è una malattia".

Ammalarci di verità, suona come un primo paradosso al tempo della comunicazione "open", della disponibilità infinita di contenuti, della trasparenza informativa ,della partecipazione esasperata.

La cultura digitale abbatte muri, allenta i filtri della mediazione giornalistica, disintermedia quei corpi che fino al pre-web avevano gestito il flusso e l'agenda dei temi. 

Eppure, oggi mettono a repentaglio il concetto stesso di democrazia. Le bufale, infatti, in un certo senso, ci fanno ammalare alterando, indebolendo, le nostre conoscenze e coscienze, fino a creare un secondo paradosso della comunicazione digitale: l'analfabetismo funzionale, ovvero l'incapacità di distinguere, ciò che è autentico e ciò che è finto. Questo deficit cognitivo rappresenta un morbo sociale in espansione, soprattutto di fronte a grandi questioni del contemporaneo.

I "capri espiatori" e le paure,si diffondono fino a diventare, in molti casi, il metro di misura di opinioni e, peggio ancora, la causa di molti comportamenti. I casi di cronaca legati alla diffusione di menzogne sono sempre di più, almeno nei sentieri della narrazione giornalistica. 

Atti criminali, episodi di razzismo, esplosioni di rabbia, compongono il mosaico scuro della cronaca degli ultimi mesi. Queste notizie, alterano, non soltanto le percezioni di chi le legge, ascolta, posta e condivide ma anche le scelte concrete, comprese quelle elettorali; e non è un caso che il dibattito sulle fake news sia ritornato prepotentemente in prima pagina alla vigilia delle elezioni europee. 

Il prossimo maggio, milioni di persone saranno chiamate  ad esprimere una preferenza, ovvero si assumeranno una responsabilità: quella di ricomporre un Parlamento.

Per questo motivo, le vicine elezioni europarlamentari diventano uno spartiacque,  una prova del nove per capire che cos'è l'Europa oggi. O meglio che cosa vuole essere: un esempio straordinario di politica condivisa, di libera partecipazione, di dialogo sincero e costruttivo, o un territorio di conflitti nel quale voltare le spalle all'altro, invece di conoscerlo e accoglierlo? Staremo a vedere. 

Nel frattempo armiamoci di una consapevolezza: ciò che siamo nel quotidiano della nostra esistenza, lo siamo anche online. E di riflesso nella cabina elettorale , in tutte le azioni, più o meno importanti, che ci rendono  costruttori di società  e veicoli  di idee e cultura.

Auguriamoci ancora che l'uomo, il cittadino europeo, non smentisca se stesso destrutturando ciò che è stato costruito per il suo bene per la pace tra gli uomini.

Quella pace che, come chiede Papa Francesco, deve diventare una promessa in grado di gettare i semi per una vera e propria cultura di pace,che superi paure,un luogo di rapporti umani autentici,di ricerca della giustizia senza le quali, la sopraffazione  diventa la norma imperante di qualunque comunità.

 

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