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Il messaggio di Papa Francesco per la 52ª Giornata della Pace ci porta a guardare alla buona politica. Proprio perché “buona” non può che essere al servizio della pace, “per” il bene dell’umanità.

La riflessione è tutta incentrata su quel “per”. È il “per” che fa la differenza tra una politica virtuosa, capace di costruire il bene comune, e una politica corrotta, preoccupata solo di salvaguardare se stessa. In questo senso la pace è un “fiore fragile”, secondo la felice espressione di Péguy: cammina sulle gambe dei politici, sulla loro grandezza d’animo, sulla loro carità e sul loro impegno quotidiano. Ma può anche drammaticamente precipitare o degenerare se, invece che essere al servizio, la politica scade in luogo di emarginazione, di oppressione e di distruzione.


Francesco si esprime per un’alta considerazione della politica. Essa è forma di carità perché edifica la città. Diviene esercizio pratico di virtù umane quali la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà e la fedeltà. Un bagaglio di valori che fa associare la politica alle beatitudini evangeliche. Così ha fatto il cardinale vietnamita François-Xavier Nguyên Van Thuân quando ha tessuto l’elogio del politico. E’ beato in quanto credibile, coerente, capace di ascoltare e senza paure. La buona politica è negata dalla “cattiva”, quella cioè che trova terreno fertile nei vizi personali e nelle storture delle istituzioni.

 

La pubblica amministrazione perde credibilità quando coincide con la corruzione. Inoltre, si squalifica quando nega i diritti, scavalca le regole comunitarie, si arricchisce illegalmente, ottiene il potere con la violenza, fomenta il razzismo, calpesta il creato, permette lo sfruttamento illimitato delle risorse, disprezza gli esuli… È curioso che il Papa faccia coincidere la corruzione non solo con l’appropriazione indebita di beni pubblici – cosa a cui siamo particolarmente sensibili, oggi – ma anche con la strumentalizzazione delle persone. È corrotto il potere che si serve degli ultimi, dei migranti, degli sfruttati per costruire le proprie fortune politiche. È corrotto chi monta la guerra tra poveri per salvaguardarsi o affermarsi. C’è da riflettere…


Dunque, la buona politica è già di per sé un progetto di pace. Lo è per i giovani, che possono vedere nel servizio al bene comune una modalità di impegno della propria vita per rendere più bella la creazione, dono di Dio e per promuovere la fraternità tra i popoli. Lo è per i bambini, costretti a respirare sin da piccoli un clima di violenza. A cento anni dalla conclusione della Prima Guerra Mondiale, la pace non è in mani sicure se si riduce all’equilibrio delle forze militari e se si illude di stare in piedi con la proliferazione delle armi. A settant’anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la pace esige non solo di dichiararne la loro attualità, ma di accompagnarli vivendo l’urgenza dei rispettivi doveri.

La politica è anche il luogo dei doveri. Francesco lo ricorda citando la Pacem in terris di Giovanni XXIII, il papa “buono”. A livello italiano potremmo riprendere il tema facendo tesoro dell’insegnamento di uno statista esperto di “buona politica”: Aldo Moro. Scriveva il politico democristiano, assassinato 40 anni fa: “Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”. Si tratta di un saggio insegnamento, che oggi possiamo allargare al mondo intero. Il pianeta si salverà se la stagione dei diritti farà scaturire un nuovo senso del dovere.


Il messaggio sottolinea le tre dimensioni della pace: quella interiore con se stessi, quella comunitaria con l’altro e quella ecologica con il creato. La pace “con” è possibile solo se esiste una politica “per”.


C’è da meditare all’inizio di un anno che vedrà l’Europa impegnata nel rinnovo del proprio Parlamento e nella scelta del futuro indirizzo politico. Mentre soffia il vento che scredita sempre più la politica come affare per pochi o come attività “sporca” da cui guardarsi, la Chiesa scommette sulla sua bontà come servizio alla convivenza fraterna. La buona politica necessita di buone persone. Ben vengano nuovi artigiani della pace! Li accoglieremo come “beati”. Allora anche la pace sarà in buone mani.

 

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