La Visita Pastorale? Un esame… Una verifica dell’operato del parroco… Un controllo “canonico” dell’andamento della comunità…
Insomma, un po’ di diffidenza ha segnato l’attesa di questo evento importante della vita della parrocchia che, da un po’ di mesi, preparava il campo all’arrivo dell’arcivescovo. Ed è naturale che si ha timore di ciò e di chi non si conosce davvero. Tuttavia, questi tre giorni, trascorsi con mons. Michele Seccia, sono bastati per fugare paure e pregiudizi, per intravedere e riconoscere, al di là di ogni filtro fatto di ruoli e paramenti liturgici, l’umanità vera e spontanea del nostro pastore che, da subito, ha azzerato le distanze e ci ha fatto sentire “a portata di cuore”!
Lo abbiamo visto “piccolo” tra i piccoli, a giocare e a cantare con i bambini della scuola dell’infanzia: ci fosse stato un grembiulino della sua misura, lo avrebbe indossato.
Lo abbiamo visto in mezzo ai corridoi di queste grandi aziende, come la Deghi o la Ecomet, con una attenzione e curiosità da apprendista, desideroso di comprendere l’impegno e il sacrificio di ogni singolo impiegato e operaio, fosse dirigente o semplice portantino.
Lo abbiamo visto con gli occhi lucidi, disposti a traboccare in lacrime di compassione davanti al letto di un ammalato, davanti al dolore una mamma prematuramente privata di una figlia.
Lo abbiamo visto “fratello e figlio” che, in un modo a dir poco disarmante, ha cominciato a raccontare ai vecchietti, apparenti sconosciuti, ma non per il suo cuore di pastore, la propria storia fatta di disavventure, di salute precaria, di sacrifici e, addirittura di “marachelle” giovanili…
Lo abbiamo visto “tenere banco” in mezzo ad un capannello di gente “lontana”, magari non proprio abituata a vedere un vescovo prendere il caffè al bar, “come uno di noi”, ha detto qualcuno…
L’arcivescovo? Colui del quale, solo a pronunciare il titolo, dovremmo aver timore e riverenza? Beh…
L’abbiamo visto, con il foulard giallo al collo, a immergersi, anzi, a tuffarsi in questa folla dei bambini della catechesi, a benedirli, dispensando abbracci e baci paterni, concedendosi anche alle loro domandine un po’ “banali” e ai selfie di mamme e papà, meravigliati ma altrettanto entusiasti di poter stare “sottobraccio” al proprio vescovo!
Lo abbiamo visto commosso davanti ad un momento di domestica convivialità, a tagliare la torta con tutti gli operatori pastorali, desideroso di spontaneità e confidenza da parte del suo gregge.
Lo abbiamo visto con occhi chiusi e mani tese sui cresimandi e le loro famiglie, nell’atto di contemplare il cielo ed invocare il dono dello Spirito Santo, nell’atteggiamento di chi sogna, e per questo prega, la felicità di questi ragazzi, futuro della Chiesa di Lecce…
Lo abbiamo visto, in talare filettata ma con una zappetta in mano, piantare l’olivo della pace nel nostro giardino, per dire a tutta la comunità di San Bernardino Realino che le insegne episcopali altro non sono che il grembiule del servizio che la Chiesa indossa ogni volta che vuole e deve “piantare” semi di speranza e di vita nuova.
E in ognuno di questi fotogrammi, ormai indelebili nel cuore di ciascuno, lo abbiamo visto con il sorriso sulle labbra…
Allora abbiamo compreso che quel “collaboratore della vostra gioia” non è solo un motto episcopale o una citazione biblica ma è una scelta di vita, un condimento essenziale del ministero, umano e sacerdotale, del nostro arcivescovo Michele! Per tutto quello che abbiamo vissuto, dire grazie è scontato… Per tutto quello che saremo, d’ora in poi, la nostra fedeltà a quel suo sorriso sarà il nostro impegno.