L'esperienza che abbiamo vissuto negli ultimi quattro giorni a Roma è stata bellissima. Provo a descriverla a partire da sette atteggiamenti fondamentali.
In questi giorni abbiamo vissuto l'esperienza di una sinodalità “gioiosa”. Siamo convenuti da tante parti d’Italia: vescovi, presbiteri, diaconi, sposi, consacrati, consacrate e laici inviati in rappresentanza di tante realtà ecclesiali. Lo stare insieme ci ha resi gioiosi. Abbiamo sperimentato la mistica della fraternità sinodale, un'esperienza che ha riscaldato i cuori già nella nostra diocesi e nelle Chiese particolari durante il Cammino sinodale. L'abbiamo ricordata e sperimentata ancora una volta con un grande aspetto positivo: la sinodalità vera accende e riaccende i cuori.
La seconda caratteristica dell'esperienza che abbiamo vissuto è questa: abbiamo vissuto una sinodalità ricca di parresia. Ci siamo detti le cose con grande franchezza, con rispetto e con amore ma anche con forza quando è stato necessario. Quando infatti abbiamo capito che il testo delle proposizioni che c'è stato consegnato, non era adeguato, non conteneva la ricchezza del Cammino che in questi anni abbiamo vissuto, con coraggio ci siamo detti che quel testo era carente e che andava ripensato completamente. Tutto questo senza ferirci, senza offenderci ma, come una famiglia, abbiamo riconosciuto che potevamo fare meglio con più attenzione e con più coraggio.
La terza peculiarità è l'umiltà: abbiamo vissuto una sinodalità “umile”, quell'umiltà di chi riconosce i propri errori. Abbiamo compreso che in quest'ultimo appuntamento avevamo probabilmente corso un po' purtroppo e la fretta ha prodotto un testo di proposizioni che non conteneva tutta la bellezza e la ricchezza di quello che era stato vissuto nel Cammino sinodale delle nostre comunità. È stato bello vedere l'umiltà, dalla presidenza della Cei fino all’ultimo, che ci ha fatto comprendere i nostri errori e mettere a tema una revisione completa del testo e un calendario più lungo e rinnovato, perché le cose di Dio hanno bisogno di tempo.
Una quarta caratteristica: abbiamo vissuto una sinodalità “appassionata” perché tutti quelli che sono venuti a Roma non erano lì per timbrare un cartellino ma sono arrivati animati da una grande passione per il Signore. Lo si vedeva scritto nei volti, nei cuori e nelle parole di tutti la passione per il Signore, per la Chiesa e per il mondo. È stato veramente bello vedere in tutti questo desiderio di provare a costruire non “un'altra Chiesa”, “una Chiesa diversa”, capace di essere un segno di Dio per il mondo.
La quinta particolarità: abbiamo vissuto una sinodalità “laboriosa”. Abbiamo lavorato duramente in questi giorni senza aver sprecato mai tempo, ci siamo alzati presto la mattina e andati tardi a riposare la sera ma sapevamo che lavorare insieme è bello, “laborare” insieme con un metodo nel quale Dio, il Signore e lo Spirito Santo sono al centro ed è veramente bello. Quindi abbiamo vissuto una sinodalità laboriosa e anche efficiente perché siamo rimasti nei tempi facendo tutto con grande cura.
La penultima caratteristica: abbiamo vissuto un’esperienza sinodale carica di “speranza”. Con lo sguardo fisso al futuro nella luce della Pasqua di Gesù. Dunque, in tutti gli interventi, in tutto il lavoro che abbiamo fatto insieme, la postura ecclesiale era di grande fiducia nel futuro, di grande passione nei confronti del futuro perché crediamo profondamente che la Risurrezione di Gesù sia un seme di novità piantato nella storia umana.
E infine, abbiamo vissuto un'esperienza sinodale profondamente segnata dalla presenza dello Spirito. Ci siamo infatti resi conto nella preghiera, nel dialogo, persino nei momenti di dialettica, che la nostra comunità era segnata dalla presenza dell'azione del Paraclito. È lo Spirito che ci ha spinto alla gioia; è lo Spirito che ci ha spinto alla parresia; è lo Spirito che ci ha spinto all'umiltà; è lo Spirito che ci ha reso appassionati nei confronti di Dio e del mondo; è lo Spirito che ci ha reso laboriosi. È lo Spirito che ci ha reso pieni di speranza nei confronti del futuro.
Insomma, in questi giorni abbiamo avvertito la rugiada dello Spirito sulle nostre teste, nei nostri cuori, sulla nostra fraternità. Siamo certi che questa esperienza avrà delle ricadute molto importanti sul presente e sul futuro di tutte le nostre Chiese. A noi la responsabilità di narrare con gioia e vivere con responsabilità tutto quello che abbiamo sperimentato.
*arcivescovo coadiutore di Lecce