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Don Giancarlo carissimo, aspettavo il tuo invito, come da antica promessa, per celebrare con te il Magnificat con cui renderai lode al Signore per i cinquant’anni del tuo sacerdozio.

 

 

L’invito è mancato perché il Coronavirus ha messo i bastoni fra le ruote. Ma ricorda bene che, secondo l’adagio latino, quod differtur non aufertur.  Devo dunque venire o dovrai venire per vivere insieme l’Eucaristia, il rendimento di grazie, che ci ha visti sullo stesso altare tante e tante volte per condividere la celebrazione del Mistero o accompagnare le celebrazioni da me presiedute con il tuo servizio di maestro delle celebrazioni episcopali.

Sono certo che nella preghiera, in questi giorni che ti separano dalla data cinquantenaria, ti recherai nella Basilica di San Pietro per rivivere il giorno in cui San Paolo VI imponeva le sue mani sul tuo capo per invocare il dono dello Spirito. Vi andrai con il ricordo orante, la preghiera fervorosa e la immensa gratitudine per riascoltare la voce un po’ roca di San Paolo VI: Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore.

Avrai di sicuro da invocare la misericordia del Signore perché all’abbondanza della sua grazia, nessuno di noi sa rispondere sempre con la fedeltà generosa e l’impegno diuturno a non sciupare l’immensità del dono ricevuto.

Non sono chiamato a fare il tuo panegirico, ma posso testimoniare di alcune caratteristiche che hanno reso unico il tuo sacerdozio nell’obbedienza serena e totale ai vescovi che ti hanno avuto loro collaboratore: mons. Minerva, mons. Mincuzzi, mons Ruppi, il sottoscritto. Il dialogo caratterizzato da fraternità, disponibilità, attenzione cordiale alla mia persona, obbedienza generosa, non è mai venuto meno negli otto anni del mio servizio episcopale. Mi sei stato accanto con quella patina di amicizia rispettosamente e affettuosamente sincera.

La caratteristica che ti ha reso ‘famoso e celebrato’ in diocesi e fuori, è il servizio che, in qualche modo fin dagli inizi del tuo sacerdozio, ti ha fotografato come ombra onnipresente dei vescovi nelle celebrazioni da loro presiedute.

Hai saputo offrire e donare la tua disponibilità ogni qualvolta ti veniva chiesto. Come non ricordare e ringraziarti per il servizio puntuale, preciso, attento nelle varie incombenze curiali che ti sono state chieste e affidate?

Mi preme aggiungere un’ultima parola sul tuo ministero pastorale: parroco storico di San Matteo ormai da trenta anni. Assiduo, attento, presente, accogliente, disponibile verso tutti - l’ho constatato di persona diverse volte - in modo particolare verso i poveri che sanno di trovare in te il sacerdote che ascolta, che sa accogliere con pazienza, talvolta prova a fare il duro, ma non ci riesce. Nessuno dei tanti che gli tendono le mani è rimandato indietro a mani vuote.

Caro don Giancarlo, a conclusione ti lascio con una parola di augurio mutuata da San Gregorio Magno che conferma, arricchisce e dilata il tuo ministero sacerdotale: “Il pastore d’anime deve essere vicino a tutti per la comprensione, deve elevarsi al di sopra di tutti nella contemplazione, tanto da accogliere in sé per l’intimo amore, la debolezza altrui e trascendere se stesso, con l’altezza della contemplazione e il desiderio dei beni invisibili”.

Il Signore Gesù ti confermi nella fedeltà al dono ricevuto e nel servizio generoso ai fratelli.

Nella comunione della preghiera e del cuore, il mio fraterno, affettuoso abbraccio.

San Giovanni Rotondo, 10 maggio 2020

                                                                                                                                                                                                                       *arcivescovo emerito di Lecce

 

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