La Scuola diocesana di formazione teologica, per inaugurare il nuovo anno 2025/26, ha convocato giovedì scorso tutti i corsisti del triennio formativo presso il Monastero leccese delle Benedettine, dove Suor Luciana Mele ha spezzato e fatto gustare la Parola di Dio attraverso la Lectio divina (LEGGI).

Ora, da domani 16 ottobre avranno inizio le lezioni dalle 16.30 alle 20.30, presso la nuova sede della Curia arcivescovile (ex nuovo seminario) in Castromediano. La grande novità di quest’anno è che l'arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta terrà in aula magna, dalle 19,30 alle 20,30, la prima lezione ai duecento (tra corsisti e non) che si sono iscritti al Modulo di approfondimento sulla “Teologia della vita cristiana”,
La disponibilità del pastore, all’interno della Scuola diocesana di formazione teologica, rivela che Egli intende vivere la sua missione di vescovo come diaconia della fede. Infatti la funzione d’insegnare è intesa come «predicazione del Vangelo»: il vescovo è chiamato a rendere presente la luce della Parola di Dio. Egli non diffonde le sue idee o quanto gli piace, ma annuncia il Dio rivelato in Cristo, per questo egli è bocca e cuore di Cristo.
Ricordando infatti il ruolo degli Apostoli, loro predecessori, i vescovi devono annunciare la Parola, diffondere il messaggio evangelico e aiutare gli uomini a seguire la strada della fede in modo consapevole, forte e profondo. “Il vescovo è nella Chiesa e la Chiesa nel vescovo”. Con queste parole così intense, Cipriano riassume l’indissolubile legame tra la Chiesa sinodale e il compito del vescovo. Guidare la Chiesa può, quindi, essere inteso anche come far partecipare gli altri al proprio agire.
Cosa ciò significhi concretamente traspare nella preghiera di consacrazione di un abate secondo la spiritualità benedettina: “Permettigli di comprendere che il suo compito non è tanto presiedere agli altri, quanto procurare ciò che è loro utile”. Il “presiedere” autorevole si realizza nello spirito sinodale come un “provvedere” pastorale. Il primato del provvedere sul presiedere implica innanzitutto il compito di rendere accessibile tutto ciò che è utile al bene della comunità, sostenendo e promuovendo la crescita umana e spirituale dei battezzati, coordinando i vari doni e talenti in modo tale che si completino a vicenda per il bene dell’intera comunità che si presiede.
In primo luogo il vescovo illumina con fortezza. Egli guida la comunità diocesana come servo con il cuore del pastore affettuoso, cercando sempre la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Egli reca in sé la consapevolezza che la Chiesa ha sempre bisogno di conversione e riforma. Illumina la sua Chiesa con la predicazione e la riflessione magisteriale che rendono solida e ben fondata la comunione ecclesiale.
E' nota la interpretazione di Sant'Ignazio: «Seguite il Vescovo, come Gesù Cristo segue il Padre». Il vescovo non può esimersi dall'esporre e annunciare personalmente il messaggio cristiano; specialmente nella sua cattedrale, nelle più importanti celebrazioni del ciclo liturgico, nelle omelie abituali, nella visita pastorale e nelle innumerevoli altre occasioni. Ma il segno più bello della speranza, per il mondo, è una Chiesa che tende a rendere il suo volto più somigliante a quello di Cristo. La sua presenza diviene allora più luminosa, viva e operante (Cfr. Gaudium et spes, 19).
Più aderente alla vita quotidiana, è l'assillo dei fedeli, e anche di non credenti, di fronte alla crisi della morale. In seguito alle perplessità diffuse anche nelle nostre comunità, e al diverso atteggiamento di sacerdoti nella stessa direzione spirituale e nell'esercizio del mistero sacramentale della penitenza, sembra compito del vescovo stabilire alcuni elementi di certezza: specialmente nei riguardi della coscienza, della legge naturale e della stessa facoltà della Chiesa nei confronti dell'orientamento morale del cristiano. Recenti sviluppi riguardano la famiglia, il divorzio, la paternità responsabile, l'aborto e l'eutanasia, e altri gravi problemi di vita pubblica e di giustizia sociale.
«I vescovi, aiutati dall’esperienza dei laici, possono dare un giudizio più chiaro e più opportuno sia in materia spirituale che temporale; cosicché la Chiesa intera, fortificata da tutti i suoi membri, possa svolgere con maggior efficacia la sua missione per la vita del mondo» (LG n. 37d). Scelta sapiente, allora, quella dell'arcivescovo di trattare sistematicamente e di entrare in dialogo con laici, presbiteri e religiosi su temi così urgenti e importanti.

