Si è svolta ieri, 20 giugno, nello splendido contesto naturale dell'Oasi di Roca (ex seminario estivo), la tradizionale Giornata di santificazione sacerdotale che il presbiterio leccese, a cui si è aggregato il collegio dei diaconi e un gruppo di religiosi che operano in diocesi, ha vissuto con il nuovo arcivescovo di Lecce, mons. Angelo Raffaele Panzetta.
Presenti anche l'arcivescovo emerito Michele Seccia, l'arcivescovo Luigi Pezzuto e il vescovo Cristoforo Palmieri.
Dopo i saluti di rito, Panzetta ha presieduto la preghiera dell'Ora terza, momento nel quale i presenti hanno voluto consegnare al Signore l'incipit di una giornata in grado di essere apportatrice di grazie per i singoli e per l’intera famiglia sacerdotale.
Così il nuovo pastore della Chiesa di Lecce: “Ringraziamo il Signore che ci dona un tempo nel quale stare con Lui e tra di noi: viviamolo nello stupore per il dono grande del sacerdozio che abbiamo ricevuto e nella grande responsabilità verso il popolo di Dio alla cui servizio siamo mandati”.
È seguita la meditazione dettata da don Alessandro Valentino, presbitero della diocesi di Nola, che nell'anno pastorale appena concluso, ha tenuto i ritiri mensili del clero, il quale attraverso la pericope evangelica tratta dal capitolo 19 di Giovanni (vv.31-37) ha subito voluto fare entrare i presenti nel clima dell'incontro, spazio necessario per rinvigorire le motivazioni e la gioia del ministero.
Ha detto: “Nel brano poc'anzi proclamato, i Giudei chiedono di porre fine alla missione del Crocifisso dal momento che quel sabato (quello della Parasceve) era un giorno solenne. Sorge un interrogativo, ossia, se festeggiare la Pasqua o il sabato. Quale atteggiamento sottende a questo quesito? Dava, essenzialmente, fastidio che Cristo fosse il Re dei Giudei, per il fatto che bisognava evitare che il Crocifisso facesse paura. Da qui, dunque, la consegna ai presenti: nel Crocifisso bisogna scorgere l'aspetto rivelativo; bisogna contemplare il Crocifisso nella sua fragilità poiché è lì che Dio non si nasconde ma si lascia guardare. Chiediamoci: quale rapporto abbiamo col nostro soffrire? E con quello degli altri?”.
Don Alessandro, allora, ha indicato un gesto che è fondamentale nel brano proposto e che è apicale nella vita del chiamato: l'accettazione del mistero della croce come segreto del proprio esistere e come fonte del proprio annuncio.
Ha proseguito: “Nella nostra vita sacerdotale ci sono le paure, le relazioni spezzate, le violenze, fatte e subite; l'evangelista Giovanni, in modo velato, raccontando la pratica secondo cui vengono spezzate le gambe ai due crocifissi con Gesù e non a quest'ultimo, rimanda all'angelo della morte che passava oltre alla vista del sangue sugli architravi. L'angelo della morte non passa oltre nella nostra vita nel momento in cui noi non abbiamo fiducia nella potenza salvifica del sacrificio di Cristo. Ecco, allora, che siamo chiamati ad assumere nella nostra storia l'evento della croce come segno di amore donato fino alla fine. La croce è l'innocenza illuminata dall'amore, perché l'amore o è innocente o non è amore”.
Il fulcro dell'azione di un sacerdote è da riscoprire, allora, nella dimensione mistica come tempo nel quale vivere una relazione amorosa tra il presbitero e il suo Signore. Ha chiosato: “La nostra vita di fede non può non nascere da una contemplazione dell'Amore. Abbiamo bisogno di recuperare la mistica sull'ascesi, di imparare a guardare con amore il Signore, di osservarlo contemplandolo nella certezza che solo lui può risanarci e farci uscire dalle acque morte della nostra esistenza. Noi sacerdoti, infatti, non siamo mestieranti ma dobbiamo diventare Colui che amiamo: Cristo”.
Dopo un tempo di break vi è stata la condivisione di quanto la meditazione dettata aveva prodotto nel cuore dei presenti.
Le comunicazioni dell'arcivescovo Panzetta sono state l'ultimo atto prima del pranzo fraterno che, ancora una volta, è divenuto occasione per formulare al nuovo presule gli auguri più belli per un ministero fecondo in terra leccese e volto ad una continua “testimonianza del Vangelo della Grazia”.
Photogallery di Arturo Caprioli.