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Ieri sera la Chiesa di Lecce ha celebrato la solenne Veglia di Pentecoste presso la chiesa cattedrale presieduta dall’arcivescovo Michele Seccia.

 

 

Accanto a lui, l’arcivescovo coadiutore Angelo Raffaele Panzetta e il vescovo emerito di RrëshenCristoforo Palmieri oltre ad una nutrita rappresentanza del clero diocesano e religioso operante nel territorio diocesano.

Il servizio è stato curato dai seminaristi della diocesi coadiuvati dai ministranti della parrocchia Santa Maria del Popolo in Surbo e guidati dal direttore dell’Ufficio liturgico diocesano don Mattia Murra. I canti sono stati eseguiti dal coro della cattedrale accompagnato all’organo dal maestro Tonio Calabrese

Dopo la lettura delle riflessioni tratte da "Il cammino fatto", relazione tenuta alla seconda assemblea nazionale delle Chiese in Italia e "Vita, missione e identità della Chiesa di Lecce”, sintesi del percorso sinodale diocesano, suggestivo ed emozionante è stato il rito del lucernario con il cero pasquale, segno e simbolo del Cristo risorto, seguito dalla processione d’ingresso in cattedrale illuminata dalle candele dei fedeli intervenuti, quale segno di luce e fuoco d’amore per il mondo, a voler simboleggiare la forza aggregante e salvifica della fede cristiana, se vissuta secondo lo spirito evangelico. 

Dopo la proclamazione della Parola, significative sono state le parole del pastore nell’omelia; infatti, ha subito evidenziato che “quando il coraggio della fede, dono dello Spirito, inizia a mancarci di fronte alle innumerevoli difficoltà della vita, c’è una Parola che salva, ci invita e ci aiuta ad alimentare la nostra speranza nell’abbraccio finale con il Signore. Al doloroso lamento del mondo e dei credenti, si aggiungono, infatti, i gemiti dello stesso Spirito, che soffia abbondante sul travaglio dell'umanità per sostenere, guidare e condurre i passi della storia nella direzione giusta”. E ha continuato: “mentre dall’alto della Croce, il Paraclito è giunto a noi come un soffio (emisit spiritum), un respiro di speranza, una brezza leggera… irrompendo nel Cenacolo, è diventato, invece, un vento forte, una bufera, un uragano che ha spalancato le porte e ha scompigliato tutto: ha trasformato quei discepoli nascosti e spaventati in testimoni coraggiosi del Risorto, senza paura, audaci anche di fronte alla minaccia della morte”.

Poi l’affondo sul linguaggio della testimonianza come unico e fecondo strumento di evangelizzazione: “Se non impareremo che la nostra testimonianza è più efficace anche delle prediche del vescovo, dei nostri discorsi di convenienza, dei nostri giri di parole, delle nostre frasi ad effetto sulle chat… Se non impareremo che il linguaggio che tutti accolgono e comprendono alla perfezione è quello dell’esempio della nostra vita e delle nostre scelte concrete… Sarà tutto inutile”.

Successivamente è stata la volta del mandato missionario alla equipe sinodale e ai membri del consiglio presbiterale e pastorale diocesano ai quali gli arcivescovi Seccia e Panzetta hanno consegnato, in rappresentanza di tutte le componenti dell’Arcidiocesi, la Sintesi del Cammino sinodale diocesano “Fragmenta Colligite”: un modo efficace e semplice per restituire al popolo di Dio il grande fiume di grazia che, nel tempo del sinodo, ha dato linfa, slancio, vigore e un nuovo modo di essere comunità ecclesiale a tutti i cristiani che vivono e operano in questa porzione di Chiesa che è in Lecce. 

Prima della benedizione Seccia ha affidato se stesso e tutta l'assemblea liturgica da lui presieduta alla intercessione della Vergine Maria attraverso il canto del Magnificat e l'incensazione del cero pasquale, dell'icona della Madre di Dio e di tutto il popolo radunato nel tempio.

La benedizione finale e il congedo, come nel giorno di Pasqua, sono stati il segno che la Chiesa di Lecce è chiamata, come i Settantadue, a dover andare nel mondo per dire a tutti la gioia di aver incontrato il Signore, principio e fine di tutto il suo cammino. 

 

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli.

 

 

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