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Si è tenuto ieri pomeriggio, il pellegrinaggio giubilare della prima delle quattro vicarie della diocesi verso la chiesa Cattedrale.

 

 

Ad aprire i quattro appuntamenti in programma in questo mese di maggio è stata la Vicaria di Squinzano, guidata da don Vincenzo Martella

Il pellegrino è colui che si mette in movimento, fisicamente e interiormente, per cercare un incontro con il divino. Nell’Anno Santo della speranza, questo cammino assume una sfumatura particolare: è un segno di fiducia nel futuro, un dire "sì" alla promessa di salvezza nonostante le difficoltà della vita.

Numerosi fedeli si sono ritrovati presso la chiesa colletta di Sant'Irene, dove i sacerdoti della vicaria si sono messi a disposizione per le confessioni individuali. Successivamente è stato l'arcivescovo coadiutore Angelo Raffaele Panzetta a introdurre e guidare la liturgia iniziale dove, dopo la preghiera introduttiva, ha tenuto una breve catechesi sulla Parola tratta dal Libro di Giosuè (24,1-2;14-28); una catechesi che indica la strada verso il futuro, il cammino verso la cattedrale va a indicare il cammino verso Dio, un cammino rinnovato verso la comunità cristiana. Queste le sue parole “il brano che abbiamo ascoltato, è stato scelto per una motivazione a carattere pedagogico perché, nel racconto, viene narrato un fatto che accade immediatamente prima che Israele entri nella Terra Promessa. L’educatore che accompagna Israele su questo ultimo tratto è Giosuè, il quale, prima di entrare ferma tutti, perché bisognava decidere di servire e rinnovare l’alleanza con Dio. Il brano racconta ciò che accade alla fine del pellegrinaggio esodale”. 

“Penso che siamo venuti qui questa sera per fare la stessa cosa - ha ricordato Panzetta -, per vivere questo pellegrinaggio e più ampiamente tutto l’Anno Santo come un itinerario che ci deve portare a compiere scelte importanti davanti a Dio. Scelte che diano una forma credente alla nostra vita. Questo Anno Santo ci deve far diventare alleati di Dio”. Ricordando il testo letto, il presule ha voluto sottolineare alcuni passaggi che sono stati utili per il proseguo del cammino verso la cattedrale, per un pellegrinaggio pieno di meditazione e di riflessione, ma più ampiamente, per un pellegrinaggio spirituale. E continua “Gesù Cristo è il Signore della nostra vita? Possiamo dire che, in un particolare momento della nostra vita, abbiamo consegnato a lui le chiavi della nostra vita, per cui non viviamo più secondo il nostro desiderio o il nostro interesse, ma viviamo in una piena docilità, in una piena diaconia, in un pieno servizio a Dio? Questa domanda è molto importante - ha concluso - perché essa non tocca aspetti periferici della nostra vita, tocca l’ossatura della nostra vita, tocca la postura della nostra vita. Giosuè che è un buon educatore, sa che per porre una domanda del genere, un educatore si deve trovare in una posizione specifica, lui deve aver già fatto questa scelta. Se un vescovo, un presbitero, un diacono, un catechista, un genitore vuole porre questa domanda ai suoi figli, ai suoi nipoti, ai suoi parenti e chiedesse chi è il Signore della tua vita, per porre questa domanda agli altri, questa domanda deve essere stata accolta nel suo cuore. Noi adulti abbiamo una responsabilità peculiare; dobbiamo essere persone che hanno compiuto scelte chiare. Giosuè, da fine educatore, per aiutare il popolo nel fare questa scelta, cerca di far capire su quale direzione orientarsi per scegliere la signoria di Dio”.

Al termine sacerdoti, religiosi e laici processionalmente si sono diretti verso Piazza Duomo dove, l'arcivescovo Michele Seccia ha presieduto la solenne concelebrazione eucaristica, durante la quale, nell’omelia, il presule ha voluto ricordare il Romano Pontefice deceduto qualche settimana fa, affermando che “questa sera stiamo vivendo un tempo di grazia straordinaria, perché si comincia a toccare con mano questo tempo giubilare, che Papa Francesco ci ha lasciato come dono della sua eredità. E pensare a lui con gratitudine questa sera, credo che sia un atto doveroso da parte di tutti, perché fa parte della nostra fede”. 

Il Giubileo, con il suo invito alla conversione, ricorda che non siamo perfetti, ma siamo chiamati a rialzarci, a guardare oltre le nostre fragilità, come dice il motto "Spes non confundit", la speranza non delude. Una Vicaria, un insieme di comunità cristiane che si riuniscono, diventa un segno tangibile di vitalità cristiana, un momento per pregare insieme, riflettere sui bisogni del mondo e testimoniare la propria fede agli altri. È un invito a non restare fermi, ma a muoversi, insieme, verso qualcosa di più grande.

 

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli.

 

 

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