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L’attesa è finita. Domani comincia il Conclave: alle 10 la messa “Pro eligendo Pontifice” poi, nel pomeriggio alle 16,30 l’ingresso dei cardinali nella Cappella Sistina in processione, il giuramento e l’extra omnes (fuori tutti) pronunciato dal Maestro delle cerimonie.

 

 

A poche ore da questo evento storico, la terza volta all’inizio del terzo millennio dell’era cristiana, abbiamo raggiunto don Giuseppe Spedicato, parroco della matrice di Monteroni, la parrocchia in cui, l’unico cardinale elettore originario della diocesi di Lecce (l’altro, il card. Salvatore De Giorgi, non entrerà in Conclave perché ha superato la soglia degli 80 anni) ha ricevuto il battesimo e gli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana e dove è stato ordinato sacerdote dal vescovo Francesco Minerva l’8 settembre 1971.

Spesso il card. Semeraro, parlando di don Giuseppe - antica è l’amicizia che li lega - non disdegna, sorridendo, di presentarlo come il “suo” parroco.

 

Don Giuseppe, quali sentimenti attraversano il tuo cuore in questi giorni?

Che dire. Nella vita tutto mi sarei potuto aspettare, tranne che vedere un giorno il mio amico sacerdote prima vescovo, poi cardinale e oggi vivere questa esperienza singolare: entrare da elettore nel Conclave che sceglierà il successore di Papa Francesco. Commozione e letizia perché don Marcello, come lo chiamiamo tutti a Monteroni di Lecce, da sempre è stato un amico, un punto di riferimento, un saggio maestro e una guida spirituale. La “sua” comunità parrocchiale vive in questi giorni momenti di intensa emozione perché la comunità che guido dal 2018 e dove anch’io, come lui, sono nato alla vita cristiana e al sacerdozio, è la sua casa. Qui c’è il fonte battesimale da dove tutto ha avuto inizio, dove è cresciuto, dove è nata la sua vocazione sacerdotale e dove volentieri ritorna ogni qualvolta riesce a ritagliarsi qualche giorno per gli affetti e le amicizie storiche. 

 

Un altro evento a distanza di meno di cinque anni dalla sua creazione a cardinale di Santa Romana Chiesa…

Confesso che quella domenica 25 ottobre del 2020, quando Papa Francesco, dopo l’Angelus, pronunciò il nome, del prefetto dell’allora Congregazione (oggi Dicastero) delle cause dei santi, tra i tredici cardinali creati nel Concistoro del 28 novembre 2020, a Monteroni abbiamo vissuto una giornata memorabile. Ricordo che d’accordo con gli altri due parroci suonarono a distesa le campane di tutte le chiese. Volevamo far sentire l’eco di una città in festa fino ad Albano Laziale. È stato uno di quei giorni come dicevano gli antichi latini: “dies albo signanda lapillo!”, “un giorno da contrassegnare con un sassolino bianco, un memorabile evento”. Un avvenimento straordinario, tanto che dal cuore mi sgorgarono le parole del salmo: “Benedici il Signore anima mia, quanto in me benedica il suo nome; non dimenticherò tutti i suoi benefici, benedici il Signore, anima mia …”, Monteroni ha un suo figlio cardinale, il nostro amato e stimato don Marcello.

 

Domani inizia il Conclave e don Marcello vi entrerà per la prima volta come elettore del futuro Pontefice. Che atmosfera si respira a Monteroni?

Da diversi giorni posso assicurare che si avverte in città un fermento, una gioia unica mai provata sinora; ci sentiamo privilegiati! Papa Francesco ha scelto don Marcello quale cardinale, affidandogli un compito quanto mai importante: quello di essere “cardine”, il punto di riferimento per ognuno di noi, per la nostra comunità, per tutta la Chiesa. E noi oggi abbiamo bisogno di questo, la nostra Chiesa ha bisogno di questo, soprattutto in questo tempo, così difficile da affrontare, dove le numerose incertezze, le paure, le difficoltà acuiscono le sofferenze e porgono le persone e le famiglie in una situazione di grande preoccupazione e di profondo smarrimento.

 

Don Giuseppe, conosci il card. Semeraro fin dalla tua prima giovinezza. Come lo presenteresti a chi non lo conosce bene come te?

Il racconto della vita di sua eminenza, vale molto di più delle mie piccole considerazioni: è l’intreccio tra la dimensione teologica/spirituale e quella umana del suo essere quotidiano: per tanti di noi è stato un padre, un fratello, un pastore, un amico, un teologo, una guida. L’umiltà, la generosità e la concretezza sono state le caratteristiche che lo hanno sempre contraddistinto nel corso della sua vita, come sacerdote prima e come pastore oggi. Come docente di ecclesiologia, ha trasmesso a noi suoi alunni presso il seminario regionale di Molfetta, l’amore per la ricerca teologica, la passione per i grandi maestri e i Padri della Chiesa, con una attenzione del tutto particolare ci hai stimolato ad approfondire la lezione del Vaticano II, cui ha dedicato tanti suoi scritti e al quale ha fatto appassionare tanti studenti che ha accompagnato nei vari percorsi di formazione teologica.

 

Poi è diventato prima vescovo di Oria e poi di Albano. Da professore a pastore: che cosa è cambiato nella sua vita?

In questi anni al servizio della Chiesa universale guidata prima da San Giovanni Paolo II, poi da Papa Benedetto e poi da Papa Francesco è stato espressione della Chiesa delle periferie, degli scartati, degli ultimi… di quella Chiesa in uscita attenta alle diversità e alla lettura in chiave antropologica e culturale del cambio epocale che viviamo. Un pastore vicino a tutti e attento a chi è più fragile e ha bisogno di maggiore accoglienza.

 

Se la sente di inviare un ultimo messaggio che raggiunga don Marcello prima che entri nella Cappella Sistina e interrompa tutti i contatti col mondo esterno?

La Chiesa ha bisogno di pastori, che sappiano mettersi in ginocchio davanti agli altri per lavare loro i piedi. Pastori vicini alla gente, padri e fratelli miti, pazienti e misericordiosi; che amano la povertà, si come libertà per il Signore, sia come semplicità ed austerità di vita. Carissimo don Marcello, in te, tutti lo abbiamo incontrato e continuiamo a sperimentarlo. In questi giorni speciali pregheremo per te e per la Chiesa affinché lo Spirito Santo ci doni il Papa di cui il mondo ha bisogno.

 

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Mi curo di te, la sanità nel Salento. Radio Portalecce