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“Gioia mia, Cristo è risorto!”. Sono queste le parole che, insieme a quelle della liturgia, sono risuonate nell’aula liturgica del monastero delle Benedettine di Lecce durante la solenne celebrazione eucaristica nel giorno di Pasqua presieduta dall’arcivescovo coadiutore Angelo Panzetta.

 

 

Parole pronunciate a suo tempo da San Serafino di Sarov, monaco russo molto amato dalla tradizione cristiana orientale e che mons. Panzetta ha ripetuto e facendole riecheggiare nel cuore dei fedeli: “Fratelli e sorelle miei, mi piacerebbe fare come faceva Serafino che ogni volta che accoglieva un ospite in monastero, permeato dalla luce pasquale, gli correva incontro e lo abbracciava pronunciando le parole appena citate. Vorrei in questo momento passare fra voi e abbracciarvi come padre e fratello, uno per uno e dirvi: Gioia mia, Cristo è risorto!”.

L’abbondante mensa della Parola ha nutrito e satollato la vita della comunità monastica e di tutta l’assemblea che festante ha celebrato quella che Sant’Agostino definiva “la fede dei cristiani”. Tale fede è stata celebrata attorno all’altare, ‘sepolcro vuoto’ che è - ha precisato l’arcivescovo - “un grembo nel quale è nata la vita e si è dischiusa un’esistenza nuova per tutti noi”.

Sì, ha chiarito l’arcivescovo, “la risurrezione di Gesù è un big bang attraverso il quale la vita eterna ha cominciato a espandersi in mezzo all’umanità. Così la vicenda umana è cambiata”.

La Pasqua, ha inoltre affermato il presule, “è un evento storico ma anche metastorico che ha cambiato la storia facendola diventa metastoria”. Un mistero quello della risurrezione “nel quale entrare in punta di piedi”. In punta di piedi perché ciò che è avvenuto in quel sepolcro a Gerusalemmeè stata opera della Trinità; così ancora mons. Panzetta: “in quell’ora suprema Dio Padre si è chinato sul Figlio e per opera dello Spirito Santo lo ha risuscitato. La risurrezione allora è un evento nel quale il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo hanno dato il meglio di loro stessi”.

Tale mistero riguarderà anche noi, allorquando, ha continuato il celebrante: “Dio Padre si chinerà su di noi e ci tirerà fuori dalle nostre tombe”.

La Pasqua è la festa della speranza, ancor più in questo Anno Santo. Con trascinante entusiasmo l’arcivescovo Panzetta ha poi esortato tutti a sperare perché “questa è la festa nella quale ci viene dato il diritto di sperare perché Lui che è risorto è la nostra speranza. Egli è il Dio della vita, un Dio che ama la vita”. Questa speranza pasquale, ha rimarcato ancora mons. Panzetta: “costituisce una cosmovisione cioè una visione del mondo e del futuro alla luce della Pasqua di Gesù”.

Bando dunque ad atteggiamenti nostalgici e paralizzanti e largo alla vita nuova. È questo l’invito che proviene dalla Pasqua e che dal cuore del celebrante è riecheggiato anche nel profondo dell’esistenza dei partecipanti alla celebrazione pasquale: “Siamo soliti pensare che la nostra vita dipenda dal passato. In parte è così ma non del tutto. Con la risurrezione la nostra storia dipende dal futuro”.

Anche il nostro presente dunque deve cambiare, dopo la risurrezione del Signore esso non può essere più quello di prima. Occorre “una pasqualizzazione della nostra vita”. Sì, perché “la Pasqua è anche la festa della responsabilità. Credendo fermamente nella risurrezione di Cristo e accogliendo il suo mistero pasquale nella nostra vita, non potremo non vivere il Vangelo del perdono e della misericordia”.

Da quest’affermazione incontrovertibile, la conclusione che si fa augurio per tutti da parte dell’arcivescovo coadiutore:

"La Pasqua sarà sicuramente buona nelle nostre case. Ci auguriamo infatti: ‘Buona Pasqua’ perché nonostante tutto un buon bicchiere di vino, qualcosa di buono preparato dalle nostre mamme e nonne sicuramente ci sarà. Forse però è giunto il momento di vivere una Pasqua santa, non solo buona. Vivremo una Pasqua santa nella misura in cui il mistero pasquale di Gesù troverà spazio dentro la nostra vita e il nostro modo di dire, agire e pensare profumerà della Pasqua di Gesù. É bello vedere come anche nella natura si vede la Pasqua. Dopo il gelo dell'inverno tutto è tornato a vivere: il canto degli uccelli, il profumo dei fiori! Questo profumo nuovo si deve vedere anche nella nostra vita".

 

 

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