La cattedrale di Lecce era gremita come si addice ad una grande circostanza.
Ieri, 16 aprile, mercoledì santo, nella Chiesa maior et mater della diocesi l'arcivescovo Michele Seccia ha presieduto la solenne Messa del Crisma: attorno a lui i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, i consacrati e l’intero popolo Santo di Dio
Hanno concelebrato il sacro rito, trasmesso in diretta da Portalecce e Telerama (GUARDA) l’arcivescovo coadiutore Angelo Raffaele Panzetta, l’arcivescovo mons. Luigi Pezzuto e il vescovo emerito di Rrëshen, mons. Cristoforo Palmieri.
Il servizio liturgico è stato curato dai seminaristi della diocesi guidati dal direttore dell’ufficio liturgico diocesano don Mattia Murra.
I canti sono stati eseguiti dal coro della cattedrale accompagnato all’organo dal maestro Tonio Calabrese.
All’inizio della celebrazione don Vito Caputo, parroco della Cattedrale e vicario episcopale per gli affari generali, a nome di tutto il presbiterio, ha rivolto all’arcivescovo Seccia un saluto-augurio (se ne parla in altro articolo del giornale di oggi) nell’imminenza della giornata sacerdotale (Giovedì Santo) e della Pasqua.
Un evento nuziale: così il presule, nell’omelia (LEGGI IL TESTO INTEGRALE) ha denominato la celebrazione mutuando una antica consuetudine del popolo d’Israele secondo cui, prima della celebrazione di nozze, lo sposo era solito recarsi dalla sposa per portare i suoi doni, segno di amore fedele ed incondizionato.
Allo stesso modo, osserva Seccia, lo Sposo-Cristo prima di entrare nel talamo nuziale che è la croce con la Sposa-Chiesa offre a lei le sue primizie, caparra del suo amore totale e senza riserve: “Oggi, in questa liturgia santa, contempliamo il Signore Gesù compiere un gesto simile, poiché Egli è lo Sposo della Chiesa, e prima di offrire sé stesso nel sacrificio pasquale, prima di consumare le nozze eterne nel dono totale della sua vita sul Legno della Croce, viene a noi sua Sposa, sua Famiglia, portando i segni preziosi del suo amore: il crisma profumato e gli olii santi per la salvezza. Sono questi i suoi doni nuziali, segni sacramentali della sua presenza, della sua grazia, della sua fedeltà. Egli li affida a noi, popolo sacerdotale, per custodirli con amore”.
Entrando nelle pieghe del brano evangelico donato dalla liturgia e tratto dall’evangelista Luca (4,16-21), il pastore della Chiesa di Lecce ha voluto idealmente introdurre l’assemblea santa da lui presieduta nel cuore della missione di Gesù per consentirle di contemplare non solo un momento storico ma di vivere un’autentica esperienza epifanica nella quale Cristo, Verbo fattosi carne, mostra il volto di Dio nella sinagoga di Nazaret dove le parole pronunciate da Isaia secoli prima, trovano in Gesù il loro compimento: non più, al dir di Seccia parole meramente profetiche, ma carne, voce, volto, storia, oggi di Dio per ogni uomo cercatore di senso.
Così l’arcivescovo di Lecce: “Oggi! Questa parola, piccola come un seme, racchiude tutta la potenza del vangelo. Non è ieri, non è domani, è oggi, che si realizza la promessa di Dio. La salvezza non è un ricordo del passato, né una speranza remota: è presenza, è ora, è qui, è per sempre. Ogni volta che la Parola viene ascoltata con cuore disponibile, ogni volta che l’Eucaristia è celebrata con fede, ogni volta che la carità si fa concreta, l’oggi, della salvezza entra nella nostra esistenza. È in questo oggi che ci giochiamo la vita! Fratelli e sorelle, che questo oggi diventi il tempo della nostra risposta. Che la Parola proclamata e ascoltata in questa santa assemblea diventi carne nella nostra vita, e che l’unzione ricevuta nel Battesimo e nella Cresima diventi già oggi, fuoco missionario”.
Uno sguardo affettuoso il pastore leccese lo ha donato - come è nel suo stile amorevolmente paterno e come la liturgia del giorno richiedeva - ai suoi amati sacerdoti, grato per il loro zelo infaticabile: a loro ha chiesto, complice il Giubileo della Speranza in corso, di trasformarsi in missionari di speranza, in uomini che, unti e consacrati, vengono inviati dal Signore, ad annunciare la speranza ai poveri, a recare una carezza agli anziani e agli ammalati, a donare fiducia a chi è sull’orlo della disperazione, a rivelare a chi ha sbagliato strada che Dio è misericordia, è porta santa che apre al perdono, a restituire ai giovani il futuro che gli adulti stanno loro strappando, a sospingere quei sogni di bene che troppe volte vengono ostacolati, a confidare loro che l’unico modo per stare in piedi nella vita è puntare tutto su Dio.
Tenere le parole dell’arcivescovo: “Figli miei nel Sacerdozio Ministeriale, sentiamo particolarmente per noi queste parole! Tocca a noi prima di tutto. Non possiamo restare chiusi nei nostri spazi sicuri, nei nostri schemi, nei nostri tempi. Siamo mandati, come Gesù, ad essere doni di speranza a chi è prigioniero, cieco, oppresso e queste non sono solo categorie sociali. Sono volti concreti, che incontriamo ogni giorno nei nostri ambienti, nelle nostre comunità. Il popolo ha gli occhi fissi su di noi, come quelli della sinagoga erano fissi su Gesù. Il popolo ascolta, osserva, cerca testimoni, non ci chiede di essere perfetti, infallibili ma in prossimità. Ci chiede di essere pastori profumati di Carità, uomini unti non solo d’olio, ma di compassione, di misericordia, di verità. Unti e inviati. Siano le parole che ci portiamo a casa questa sera! Se l’unzione ricevuta non si traduce in una vita donata, in un cammino di testimonianza e di servizio, allora essa si svuota di significato, si spegne, si trasforma da tradizione viva in tradimento silenzioso. Chiediamo al Signore, oggi, di rinnovare in noi il dono del suo Spirito, perché l’unzione che abbiamo ricevuto non sia mai sterile, ma diventi testimonianza viva, presenza feconda, profumo di Cristo nel cuore del mondo”.
In chiusura, Seccia, ha desiderato dare ai fedeli laici un compito: intercedere per i sacerdoti, chiedendo all’amore materno della Madonna che possa sorreggerli, accompagnarli e sussurrare, come e Cana di Galilea, “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5). Così il presule: “E voi, popolo di Dio che è in Lecce, pregate per i vostri sacerdoti. Per loro chiedete al Signore la santità della vita perché siano uomini di preghiera e di carità. Uomini dell’ascolto e della compassione. Uomini della testimonianza e del servizio”.
Terminata l'omelia e dopo aver vissuto il momento della benedizione dell’olio degli infermi e dei catecumeni e la consacrazione del crisma, la messa è proseguita nel modo consueto. Al termine della celebrazione, una volta consegnati simbolicamente gli oli benedetti al presbiterio tramite i vicari foranei, per vivere ancora più intensamente la fraternità presbiterale, i sacerdoti hanno condiviso la cena con i due arcivescovi nel salone dell’episcopio festeggiando in tal modo l’annuale memoria del giorno nel quale Cristo Gesù, il Sommo ed Eterno Sacerdote, volle istituire il sacerdozio ministeriale.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli.