È finita come meglio non ci si sarebbe potuto aspettare l'esperienza degli esercizi spirituali diocesani che gli arcivescovi Michele Seccia e Angelo Panzetta hanno proposto alla Chiesa di Lecce quale tempo di preghiera, di ascolto e di meditazione.
Le riflessioni, offerte dall'arcivescovo coadiutore di Lecce presso la chiesa parrocchiale di San Bernardino Realino - per la regia di Paolo Longo e il coordinamento editoriale di don Emanuele Tramacere -, sono state trasmesse in diretta da Portalecce Tv (GUARDA), facendo registrare, anche per l'ultima serata, un notevole seguito che va ad aggiungersi alla grande affluenza di fedeli che, in queste giornate, hanno gremito l'aula liturgica della comunità parrocchiale dell'Aria Sana.
Dunque, una serata il cui focus, partendo dai primi quattordici versetti del capitolo 5 della Prima Lettera di San Pietro apostolo, sono state le guide di comunità, meglio ancora i presbiteri: le realtà comunitarie, infatti, spiccano il volo e funzionano se, chi è a capo nel servirle, si dimostra responsabile e attento alla propria vita e alla propria formazione.
Così Panzetta: “Dalla qualità di vita spirituale dei preti, dei capi, dei responsabili, degli educatori, dipende la qualità di vita della comunità; Pietro parla ai preti non come un esperto a cui deve essere riservata obbedienza e ossequio ma come un compresbitero, come un fratello tra fratelli”.
Questa pedagogia dell'apostolo, dunque, deve avere un fine ben preciso in ordine a quanto un responsabile deve incarnare nella realtà in cui lo Spirito Santo lo ha posto a "reggere la Chiesa di Dio"(cfr. Rito di Ordinazione episcopale).
Ancora l'arcivescovo coadiutore di Lecce: “Un presbitero, ma meglio ancora un qualsiasi educatore, in mezzo alla comunità è prima di tutto un testimone del mistero pasquale di Cristo; egli non deve proporre sè stesso, quanto essere icona della passione, morte e risurrezione del Signore e questa è l'identità vocazionale di ogni educatore, di ogni chiamato”.
Presupposto fondamentale, quindi, è comprendere che la comunità ecclesiale non è proprietà privata del vescovo, del presbitero, del diacono, del catechista ma è cosa del Signore al quale, quotidianamente, rendere conto del proprio operato in ordine alla capacità di saperla condurre sui suoi sentieri.
Provocatorio, a tal proposito, mons. Panzetta: “Le guide di comunità non sono padroni del gregge: esse devono pascere il gregge di Dio, quello affidato alle loro cure, con l'unico scopo di condurlo nell'ovile-recinto della Chiesa; è bello, allora, notare come Pietro, consegni ai suoi presbiteri ciò che ha ricevuto da Gesù come mandato a pascere la sua Chiesa”.
È questo, pertanto, un antidoto grande contro la sfiducia pastorale, contro la tentazione di abbattersi dinanzi agli insuccessi, davanti alle ingratitudini, al cospetto della mancanza di riconoscenza: un presbitero o responsabile di comunità, che deve portare il gregge sui pascoli belli (cfr. Sal 22), ha in Cristo la sua ricompensa più bella.
Così Panzetta: “Un presbitero o un educatore non devono fiduciarsi ma lavorare sapendo che al ritorno di Cristo, l'arcipastore, riceverà la ricompensa delle fatiche”.
Per vivere, dunque, questa dicotomia di atteggiamenti occorre riconoscersi umili dinanzi a Dio, mai onnipotenti, ma sempre bisognosi della sua grazia, l'unica in grado di animare l'azione e l'attività del chiamato.
Conclude Panzetta: “Umiliarsi sotto la mano di Dio è riconoscere che abbiamo bisogno di lui, che senza di lui non siamo nulla e che solo con Lui abbiamo la pace: ecco il mio augurio per tutti voi, per le nostre comunità, per la nostra Chiesa di Lecce”.
Dopo la benedizione eucaristica ha preso la parola l'arcivescovo Michele Seccia, grato per quanto il "suo" don Angelo (Panzetta, ndr) ha donato a tutti gli uditori durante la fruttuosa esperienza degli esercizi spirituali diocesani e per lanciare una amorevole sfida pastorale.
Così Seccia: "ringraziamo il Signore per tutto ciò che abbiamo ascoltato in queste sere e, in modo particolare, diciamo grazie a te, cara eccellenza, per il modo con cui ci hai sapientemente guidati e portati a Cristo. Prima di salutarci, vorrei, proporre a tutti una sfida, nulla di particolare, ma qualcosa che, come credenti ci riguarda: portiamo nel mondo il buon profumo di Cristo?”.
La Chiesa di Lecce, forte di questa esperienza, continua il suo itinerario quaresimale, lieta di essere stata attratta, condotta nel deserto e fecondata dal suo Maestro, lo Sposo Cristo Gesù.