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Quando sono giunto a Lecce, don Attilio è stato tra i primi sacerdoti che ho conosciuto, perché, non essendo possibile abitare subito in episcopio, i primissimi tempi ho alloggiato presso le “Scalze”, dove ogni mattina don Attilio celebrava l’Eucaristia.

 

 

 

Mi sono reso subito conto della dinamicità di questo sacerdote, ma anche della sua bontà e generosità. Don Attilio è un prete che va sempre di corsa… perché il Vangelo deve correre per le strade del mondo. Di corsa… Sembra che fin dall’inizio, il suo sacerdozio sia stato caratterizzato dalla corsa. Il vescovo che l’ordinò, mons. Francesco Minerva, nel giro di un mese gli conferì gli ordini sacri, perché il padre era gravemente ammalato e il nostro don Attilio desiderava ardentemente soddisfare il paterno desiderio: vederlo sull’altare. Nella sua bontà, mons. Minerva acconsentì e pochi sanno che don Attilio, appena ordinato, fu accompagnato proprio dal compianto presule a casa di suo padre, che, per la malattia, non potette essere presente all’ordinazione sacerdotale. Così don Attilio diede la sua prima benedizione, da prete novello, proprio a suo padre.

Questa esperienza credo che abbia segnato tutto il ministero di don Attilio. Infatti, egli ebbe a comprendere per esperienza personale il significato autentico dell’essere padre. Il sacerdote, infatti, è un padre. Non vi è titolo più bello che si possa dare a un sacerdote. Egli è il padre che battezzando nel nome di Cristo genera nuovi figli di Dio. Egli è padre perché celebrando i divini misteri sull’Altare offre il vero nutrimento. Egli è padre perché educa le anime che gli sono affidate nella fede, ma anche perché ha a cuore soprattutto i figli più “scapestrati”, che popolano le periferie esistenziali della nostra terra. E don Attilio ha vissuto larga parte del suo ministero proprio a servizio dei poveri e bisognosi.

Lungo il suo percorso, come suole sempre ripetere, cerca di mettere a posto tante situazioni, seminando il bene e venendo incontro a tutti, senza lesinare sforzi ed energie. Molte volte gli ho suggerito di diminuire gli impegni e di limitare le sue corse, ma lui vuol rimanere “in trincea”, pronto a servire fino all’estremo. Giunto però al bel traguardo del 50° anniversario di sacerdozio, è giusto fermarsi un po’, fare memoria della bontà e della misericordia di Dio nella propria vita personale ed esercitare la paternità della preghiera, perché più si va avanti nel cammino del ministero sacerdotale, più si scopre che è questo ciò che più conta nella vita di un presbitero.

Sono certo che don Attilio, con la grazia di Dio e la protezione della Madonna - Madre Maria come la invoca lui -, raggiungerà altri spirituali traguardi e continuerà ad esercitare la sua paternità presbiterale. Mi auguro che lo continui a fare con quello spirito di generosità che lo ha sempre contraddistinto e con quello spirito di orazione che ci fa comprendere che, alla fin fine, è Dio che fa crescere.

Stasera alle 19, a Squinzano presiederò l’eucarestia in questa importante ricorrenza giubilare. Con lui, con i suoi confratelli e con tutte le persone che gli vogliono bene pregheremo per lui e soprattutto dal Padrone della messe invocheremo nuove vocazioni per la nostra Chiesa locale.

 

 

 

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