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“I rumori della guerra non sono solo le esplosioni ed il passaggio dei diversi mezzi militari che seminano la morte, ma i rumori della guerra che si ascoltano sono il pianto impaurito dei bambini, il dolore dei genitori che iniziano a perdere i loro figli, le urla di chi rimane sul terreno e cerca l’ultimo saluto consolatorio della madre”.

 

 

 

Così aveva scritto ieri mattina nel suo consueto messaggio social, don Cesare Lodeserto, il sacerdote fidei donum che da oltre vent’anni è missionario in Moldavia (ai confini con l’Ucraina) e che attraverso la Fondazione Regina Pacis, ‘braccio e mani di carità’ della Chiesa di Lecce nel Paese dell’Est europeo, continua il suo servizio di carità tra i poveri.  “I rumori della guerra - ha proseguito don Cesare - sono i silenzi di chi non ama la pace, di chi giustifica la violenza, di chi non crede che ci possa essere una soluzione diverse, di chi non ha il coraggio di fermare la morte ingiusta. I rumori della guerra sono i passi affannati di chi prende la strada dell’esodo, portando via quel poco che è possibile e accompagnando con la mano i piccoli che non comprendono bene cosa accade. I rumori della guerra sono i silenzi delle strade abbandonate, dei palazzi che si svuotano per la fuga, del vento che si riappropria della natura e rimane a guardiano di una società trafitta dall’egoismo”.

Don Cesare, in che misura la Moldavia è coinvolta in questo conflitto?

Ci sono due importanti motivazioni. La prima è la vicinanza all’Ucraina ed alle aree che vengono colpite dalle forze avverse, per cui la Moldavia a sud-ovest e la Polonia al nord sono i paesi di destinazione dei profughi, che da ieri stanno giungendo numerosi. Il second aspetto è il territorio della Transnistria, che è una parte della Moldavia, già occupata dalle forze russe, che colpiscono l’Ucraina. In questa aerea ci sono sei parrocchie bloccate. Siamo in pieno conflitto.

Quali misure sono state prese dallo Stato moldavo?

Prima di tutto è stato dichiarato lo “stato di emergenza”, che comporta tante limitazioni, dalla chiusura dello spazio aereo agli approvvigionamenti, dalla erogazione del gas all’energia elettrica. Oltre al fatto che la popolazione, già sofferente per la crisi sanitaria e quelle energetica, è nel panico, per cui i centri alimentari sono presi di assalto, come anche le banche, e scarseggia l’erogazione del carburante. Nello stesso tempo la Russia ha intimato alla Moldavia di non accogliere nel paese nessuna forza militare straniera, e ciò comporterebbe una invasione. La Presidente dello Stato moldavo da parte sua ha chiesto alle forze russe di lasciare immediatamente il territorio occupato.

A dura prova anche chi è impegnato nell’accogliere chi fugge dai bo.bardamenti. Cosa sta facendo la Fondazione Regina Pacis?

Premetto che credevo di aver terminato la mia esperienza con i profughi, dopo gli anni di accoglienza nel Salento, ma di fatto ricomincio. Appena scoppiato il conflitto io, don Massimiliano Mazzotta, le suore di Madre Teresa che operano con noi, Ilie Zabica, direttore della Fondazione, ci siamo ritrovati ed abbiamo fatto un programma di intervento ed accoglienza, dividendoci i compiti per aprire le strutture ed ampliare i servizi, in particolare la mensa che ora ha una potenzialità di 500 pasti giornalieri. La prima ondata di profughi è stata composta da ucraini che hanno parenti in Moldavia o in Europa, oppure hanno qualche possibilità economica. La seconda è quella della popolazione comune, che fa di tutto per fuggire e spera negli aiuti moldavi. Noi siamo già in questa seconda fase. La scorsa notte (ieri per chi legge ndr) abbiamo assistito all’arrivo di numerosi autobus colmi di donne anziane e bambini. Eppure, siamo nel cuore dell’Europa.

Don Cesare, cosa possiamo fare noi da Lecce?

Prima di tutto prendetevi cura delle badanti e delle donne ucraine che lavorano nelle famiglie in Italia: sono madri in ansia per i figli e spesso sono mogli con i mariti al fronte. Non trascurate questo aspetto. Date indicazione loro di dire ai cari di prendere contatto con noi e riceveranno quanto possibile. Non consiglio di fare raccolte di materiali e viveri in partenza dal sud Italia, perché i tempi di trasporto e costi vanificherebbero la generosità. Noi abbiamo impiantato una logistica in Lombardia, dalla quale ogni sabato partono 150 chilogrammi di viveri, che giungono a noi dopo due giorni. Per il resto fate ciò che dicono i vescovi e le Caritas. Esorto a fare una “Marcia della pace orante”, cioè pregare per la pace più volte durante il giorno, per la strada, con il rosario, entrando in una chiesa, prima dei pasti o con figli prima della buona notte. Pregare! Grazie!

 

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