0
0
0
s2sdefault

Un giorno, la messa del vescovo Alberto Costa (1929-1950) era terminata da poco, nella cappella del primo piano a palazzo dell’episcopio di Lecce.

 

 

 

Un giorno che non dovette essere non molto lontano dalla sua prematura morte. Chi scrive in quel tempo serviva la messa al presule che veniva della regione emiliana, e spesso riceveva un incarico da sbrigare subito dopo la celebrazione privata.

Mi fu chiesto dal presule se conoscessi l’Arco di Prato e il palazzotto che s’affaccia nella piazzetta adiacente. Si trattava dell’Ufficio di igiene allora diretto dal medico Dante Capuzzello figliolo del preside Fortunato cui il nostro vescovo era molto legato, specialmente per la lingua latina.

Non mi fu difficile dire di no per motivi di vicinanza abitativa di prossimi parenti: sicché quella missione a me fu facile portare a compimento in quelle stesse ore mattutine. Il figliolo di quel valoroso dirigente sanitario, infatti fu felicemente informato della “commenda” di San Gregorio Magno conferita al suo genitore dal Santo Padre.

Tanto mi sovveniva alcuni giorni orsono, quando i mezzi della comunicazione sociale avevano risvegliato tra i richiedenti la risalita della statua del santo patrono sulla colonna che, secoli or sono aveva segnato a Brindisi, assieme ad altra colonna gemella, il termine della via Appia.

Il clero della città era stato convocato dal nostro presule per sentire i pareri di tutti i sacerdoti, spesso disparati tra loro su un ritorno di una vecchia lamiera metallica oronziana, ovvero da sostituire con materiale più consistente di prima.

Nel corso della discussione l’arcivescovo Seccia dovette assentarsi per ricevere una visita di cortesia. E la seduta si sciolse perché più non ritornò a dirigerla.

Tre sono le note che vogliamo sottolineare nel classico latino del vescovo “Emiliane regionis” scolpite nell’iscrizione lapidea che nuovamente s’affaccia nella piazza cittadina dell’ultimo nostro dopoguerra inaugurata (23.08.1946).

Anzitutto l’ablativo assoluto riguardante l’iniziativa del ritorno, attribuito all’iniziativa del primo cittadino dell’era repubblicana, Carlo Personé (in primis Carolo Urbis Sindaco) anche se da pochi accettato trattandosi di una persona ancora vivente.

Poi il costrutto di virgiliana memoria provenienza, da tutti conosciuto per la sua esclusività poetica referentesi alla nostra patria: “Italia, Italia, terra orbis terrorum, alumna aedem et parens numinum…”.

Ed infine, il conclusivo elogio elevato al nostro santo: “Lycensium grande decus. Grande sed non magnum” come letteralmente sgradevole suona nella forma meno classica della latinità.

 

Forum Famiglie Puglia