Dopo aver esplorato Turi, Botrugno ed Arnesano, il nostro viaggio sulle tracce della devozione oronziana in Puglia giunge a Novoli, nell’arcidiocesi di Lecce.
Anche qui è presente la figura di Oronzo ma, in primo luogo, è necessario sfatare un equivoco: il culto oronziano novolese non è un’appendice di quello tributato al martire nella contigua Campi.
Storicamente, infatti, Novoli non ha mai avuto rapporti significativi coi paesi del circondario. Ha goduto invece di un legame piuttosto diretto con il capoluogo. Legame che diviene ancora più importante se si guarda all’ambito religioso. Novoli, del resto, fu a lungo sede della forania. Il suo clero era numeroso, dotto, chiamato spesso a ricoprire incarichi di peso nella curia leccese.
È molto probabile dunque che, nella cerchia di persone più vicine al vescovo Pappacoda, vi fossero anche dei sacerdoti novolesi i quali vollero introdurre, nel proprio paese di origine, la figura di Oronzo. Dopo tutto, ciò rientrava appieno nei desiderata dello zelante prelato campano che certo mirava ad estendere la devozione oronziana in tutte le contrade della diocesi.
Tuttavia, i novolesi del XVII-XVIII sec. si rivelarono alquanto tiepidi nei confronti di Oronzo. Come nota Elvino Politi infatti, in paese, vi era già una devozione forte, radicata ed antichissima: quella per la Vergine di Costantinopoli, onorata poi col titolo di Madonna del Pane, quando il popolo le attribuì la salvezza da un’epidemia nel 1707. Alla Vergine veniva inoltre affiancato da sempre Sant’Antonio eremita. Anche se c’è da rilevare che il culto per il padre del monachesimo si sviluppò alquanto lentamente: l’ufficialità del patronato risale al 1737 mentre la fervida devozione, che oggi tutti conoscono, è un fenomeno novecentesco, frutto delle due guerre mondiali. Antonio, il santo del fuoco, non poteva che essere invocato dalle tante famiglie che avevano un proprio congiunto al fronte.
Nella matrice poi era senza dubbio presente un altare dedicato al patrono di Lecce con una copia della famosa tela del Coppola. Questo altare purtroppo non esiste più. È scomparso negli anni ʼ70 quando la chiesa fu oggetto di notevoli rimaneggiamenti voluti dal parroco mons. Francesco de Tommasi. La tela venne ridotta ad un semplice ovale ed è quello conservato sopra l’altare del Cristo deposto.
Un capitolo a parte merita invece la chiesetta ottagonale che sorge a pochi passi dalla matrice. Questo piccolo tempio, dedicato al Santissimo Salvatore, cela con ogni probabilità il luogo di una delle tante cappellucce monastiche che costituivano l’antica Novoli bizantina. A tale remoto passato sembra anche rimandare l’affresco della Madonna allattante che è visibile all’interno. La storia di questa chiesetta è legata per di più all’opera di San Bernardino Realino che si prodigò per latinizzare il paese, cancellando le ultime tracce di rito greco presenti nel territorio.
La chiesetta però, da diversi decenni, custodisce un autentico capolavoro: la statua in cartapesta di Sant’Oronzo realizzata da Giuseppe Manzo. Una scultura talmente bella che, si dice, il vescovo Minerva avrebbe fatto addirittura “carte false” pur di averla. Il medesimo tempio ospita inoltre la Confraternita di Sant’Oronzo. Questo sodalizio, fondato nel 1883, conta oggi una quarantina di membri e, fatto curioso, è l’unica confraternita dell’arcidiocesi dedicata al martire leccese. Soprattutto sotto la guida del priore Abele Sebaste, essa ha dato molto a Novoli. Basti pensare che ha avuto una certa parte nella formazione di giovani e stimati sacerdoti, come don Alessandro d’Elia o don Alessandro Scevola.
Le foto della statua del Sant’Oronzo novolese sono di Francesco Grasso e Andrea Pino.