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Mai la giustizia in Italia aveva raggiunto un livello così basso, a causa di lotte intestine che hanno gettato un discredito collettivo sul terzo potere dello Stato.

 

 

 

Alcuni gravi episodi di cronaca nera, poi, hanno enfatizzato, nelle ultime settimane, la dimensione della “giustizia/spettacolo”, celebrata sui media, più e prima ancora che nelle aule dei tribunali.

Le tesi giuridiche spesso non risolvono i dubbi e, tra contraddizioni e incertezze, finiscono per essere rivoltate dall’opinione pubblica, rendendo ancora più complessi i procedimenti giudiziari.

Non a caso il noto costituzionalista G. Zagrebelsky ha pubblicato un libro molto interessante, per specificare la “giustizia come professione”, chiarendo i ruoli e le funzioni di coloro che, per mestiere, sono chiamati a praticarla.

L’attività giurisdizionale non solo viene distorta dall’attenzione morbosa dei media, ma, più di recente, dalla rivoluzione digitale che l’ha interessata, in particolare durante la pandemia da Covid 19.

Quanti sono, ormai, i conflitti che si risolvono soltanto on line?

La presunzione d’innocenza, ad esempio, è stata una conquista della Rivoluzione Francese, ma oggi, per il tribunale dei media, accusare è già condannare, quasi senza appello.

Oggi esiste la situazione per cui sbarazzarsi della presunzione di colpa presenta un’enorme difficoltà.

Si è assistito ad un’evoluzione dalla cultura della colpa alla cultura della vergogna, quasi senza accorgersene, perché i social network fanno emergere sentimenti arcaici.

Nel momento in cui abbiamo difficoltà a ricostruire le regole della vita sociale, la giustizia-video presenta maggiori difficoltà a rappresentare la legge.

I fori mediatici danno origine a rappresentazioni para-processuali, che inducono a convincimenti pubblici sul fondamento delle accuse, senza le garanzie che dovrebbero sempre essere riconosciute a qualsiasi imputato.

Le nuove forme di verità sembrano addirittura riabilitare le tesi di Cesare Lombroso, dando fondamento alle teorie della criminologia biosociale.

Non dimentichiamo, comunque, che una comunità che non credesse più nella giustizia, sarebbe destinata a cercarla altrove. Ma questo sarebbe solo l’inizio della disgregazione civile e sociale. Bella sconfitta per quella che fu definita la “culla del diritto”!

 

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