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La recente pubblicazione di un volume sui soggetti “plusdotati” e le Linee Guida del Miur per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con plusdotazione, sembrano aver posto finalmente l’accento su quegli studenti (pochi in verità), che dimostrano qualità intellettive superiori alla media.

Dopo decenni che abbiamo dedicato ai più deboli, anche per i plusdotati si può cominciare a parlare di “Bisogni educativi speciali 2” (Bes) e, presto, dovremo individuare docenti, particolarmente preparati a questo scopo, che siano “dedicati” a questi studenti “con una marcia in più”.

Alla percentuale del 5%, stimata dal Miur, di studenti plusdotati, va aggiunta la popolazione scolastica che ha un dono (gift) e che si trova in una potenziale situazione di plusdotazione.

La scuola, di per sé, non può dare origine alla plusdotazione, ma può certamente rappresentare l’elemento decisivo per la sua manifestazione e per il suo “sostegno”.

Il cosiddetto “potenziale di sviluppo” si attiva grazie alle stimolazioni del contesto, nel quale la scuola rappresenta un elemento importantissimo.

Per l’alunno plusdotato, l’apprendimento non è di per sé fonte di sviluppo, ma lo diviene con una specifica progettualità e organizzazione di strategie che attivino i processi di sviluppo.

La scuola dovrebbe capacitare quella dimensione latente che L. Silverman ha definito sleeping dragon, il “dragone dormiente”, che resta in attesa di essere svegliato, accompagnato e compreso.

Sarà in grado la scuola italiana di essere inclusiva anche per questi soggetti, dopo che ha raggiunto la prima posizione nell’integrazione dei soggetti più deboli?

Per approfondire

  1. Pinnelli (a cura di), Plusdotazione e scuola inclusiva, Lecce, 2019

 

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