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Dopo le vicende recenti che hanno letteralmente travolto l’umanità, dall’epidemia di Covid 19 alla guerra in Ucraina, si palesa all’orizzonte un’alba di interessi ritrovati e rinnovati che si coniugano con la scoperta della cultura in tutte le sue manifestazioni.

 

 

 

In Italia, in particolare, si stanno facendo strada mestieri nascosti, spesso volutamente tenuti dietro le quinte, che non solo offrono nuove occasioni di lavoro, ma ci aiutano a riscoprire i “capolavori nascosti”.

Sono trascorsi giusto sei anni dal sisma del centro Italia che distrusse gran parte degli antichi borghi storici appollaiati sull’Appennino umbro marchigiano.

La città di Norcia, ad esempio, patria di San Benedetto, venne in gran parte distrutta, ma oggi la resilienza di quelle popolazioni, che spesso si sono cimentate con le nuove tecnologie, dando origine a nuove professionalità, sembra essere stata premiata.

Uno dei più caratteristici villaggi dell’appennino, Castelluccio, raso al suolo dal sisma, sarà ricostruito sopra una doppia piastra di acciaio, secondo una tecnica giapponese, che lo renderà indistruttibile. E lì, dai pastori agli allevatori delle più celebri lenticchie d’Italia, si stanno attrezzando per sviluppare nuove modalità di produzione, allevamento e commerci.

Un’altra zona d’Italia sembra rinascere, grazie alla cultura. Si tratta del territorio orientale di Napoli, devastato dalla criminalità organizzata. Una serie di iniziative, ad iniziare da un nuovo insediamento dell’Università Federico II di Napoli, che ha fatto da apripista a diverse multinazionali del digitale e delle nuove tecnologie, danno forza ad un territorio diffuso, costituito da piccoli centri, che vogliono riconnettersi per dare luogo ad una nuova socialità.

Le due realtà, l’Appennino di Norcia e il territorio all’ombra del Vesuvio, dimostrano che la ricerca del buono e del bello, possono diventare elementi trainanti per la rinascita di vaste aree del territorio che, forse, in passato sarebbero state abbandonate al loro destino.

L’epidemia ci ha fatto scoprire anche un nuovo volto dell’Italia. Prima del Covid parlavamo di città metropolitane e sembrava un percorso senza limite. Oggi ci rendiamo contro che l’Italia è costituita da una serie di piccole città e borghi, collegati tra loro, con brevi distanze e collocati in un ecosistema costituito da campagna, pianure, montagne immerse in un’agricoltura di prossimità.

Da questo punto di vista, le periferie potranno essere viste sempre più come elemento di positività, piuttosto che di negatività.

E la nuova realtà virtuale potrebbe aiutarci a cucire insieme i territori, non più antagonisti, in una linea di continuità, culturale, prima che geografica.

Vivere in un Paese che raggruppa il 70% dei beni Unesco, è una grande responsabilità. Gran parte di quei beni, paesaggistici e monumentali, li abbiamo solo ereditati. Ora ci attende una vera sfida culturale: saremo in grado di conservarli e tramandarli ai nostri posteri, senza farci travolgere dalla frenesia dello sviluppo distruttivo e e sconsiderato?

Dovremo far comprendere alle future generazioni che, spesso, sapere apprezzare il bello coincide anche con il buono!

 

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