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Ricorrono frequentemente, nei confronti della storia, episodi di negazionismo, ovvero di ripudio e si potrebbe dire che l’origine sia la medesima.

 

 

Premesso che, come si diceva una volta, “la storia la scrivono sempre i vincitori”, esiste, comprensibilmente, uno spazio di interpretazione, che è assolutamente ammissibile. Quel che non è ammissibile è la motivazione, che induce a negare o a ripudiare, per interesse di parte taluni episodi e vicende del passato.

Il negazionismo ha avuto inizio subito dopo la seconda guerra mondiale e prende quota negli anni ‘70, anche ad opera di autorevoli studiosi come N. Chomsky, che mette in dubbio l’attendibilità del famoso “Diario” di Anne Frank o le camere a gas, ritenute semplici luoghi di disinfestazione.

Successivamente, si mise in dubbio l’esistenza delle atrocità di Pol Pot in Cambogia o i recenti genocidi in Ruanda e a Srebrenica.

Scavando appena un po’, si scopre che dietro la negazione o, almeno, la messa in discussione di tali episodi (e molti altri) ci sono interessi di singoli Stati, in nome di una assolutoria “ragion di Stato”.

Non va dimenticato che, anche quando esistono chiare e circostanziate motivazioni di condanna di tribunali internazionali, si continua a nutrire dubbi, anche da parte di taluni magistrati.

Qui ci interessa, tuttavia, sottolineare che l’approccio prevalente, che ha privilegiato il punto di vista penale, piuttosto che quello educativo e culturale, ha finito per originare infiniti ed insanabili contrasti anche tra Paesi amici ed alleati e non ha aiutato a superare le opposte prese di posizione.

Si è lasciato così spazio solo al potere politico ed a quello giudiziario per decidere quali verità storiche siano da accettare e quali falsità siano da punire.

Le istituzioni scolastiche ed educative, che sono il luogo naturale nel quale ancora si insegna (poco e male, a dir la verità) la storia, ne sono totalmente escluse, impedendo loro di diventare palestra di confronto e di crescita.

Più di recente, sono apparse, in particolare negli Usa iniziative e manifestazioni, anche violente, di ripudio di molti fenomeni e vicende della storia.

A questo proposito, va subito precisato che, gli episodi accaduti non possono, in nessun caso, giudicati con la mentalità e le concezioni morali di oggi.

Anche gli episodi oggi concordemente condannabili, soprattutto per l’aspetto coloniale, che ha portato, per periodi più o meno lunghi, alcuni popoli ad esercitare sopraffazioni e sfruttamenti di altri popoli, vanno giudicati con la mentalità e la cultura dell’epoca.

Appare ridicolo, ad esempio, abbattere le statue di Cristoforo Colombo sulle strade americane, perché sarebbe stato il promotore del colonialismo. Prendere atto che certi episodi sono accaduti, dovrebbe insegnarci, piuttosto, a non ripeterli più.

La storia fa parte dell’umanità e, se vogliamo che educhi le generazioni future, non si nega e non si ripudia. “Historia magistra vitae”, non dimentichiamolo!

 

 

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